Mercato sì, mercato no, mercato forse In evidenza
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La brutta notizia è che questa rubrica torna a occuparsi a distanza di ben sette anni delle vicende legate al destino del Mercato Coperto di Perugia, oggi paradossalmente ben più incerto di allora.
Nonostante il grosso dei lavori di ristrutturazione sia terminato da tempo, la pandemia e le scarse sicurezze che segnano l’attuale scenario hanno fatto sì che il piano economico della cordata che si era impegnata per il suo nuovo corso e il bando comunale del 2018 non fossero più in linea tra loro, tanto da far fare un sorprendente passo indietro proprio a chi aveva presentato idea e progetto: un sito composto da più realtà legate all’agroalimentare a fare da contorno a una grande piazza condivisa, luogo di consumo e naturalmente di incontro, oltre che spazio per eventi.
Nel maggio del 2015 qui si plaudiva alla volontà dell’Amministrazione di dare vita a un centro “capace di guardare al futuro e al passato al tempo stesso, ponendosi come sede centrale e privilegiata dell’enogastronomia cittadina recuperando quella piazza che ne era protagonista fin dalla sua inaugurazione, nel 1932”. La cosa che allora come oggi più sembrava centrata era l’idea riportare il mercato al suo ruolo naturale, un ambiente in cui il commercio è veicolo per uno scambio anche culturale. Un centro volutamente ibrido e polifunzionale, al cui interno tanti autori possano contribuire a definirne l’identità.
La buona notizia è che il futuro del Mercato Coperto può ancora essere definito in una direzione che colga quell’inclusione e quell’apertura alla cittadinanza che ogni mercato del mondo, dai più grandi ai più piccoli, porta inesorabilmente con sé. A patto di volerlo, cosa forse non scontata. Nel frattempo si registra con una certa allegria il ritorno al piano superiore del rinnovato Mercato degli operatori storici, dal macelleria alla pescheria e tutti gli altri, dopo anni di confinamento forzato nei container di Piazza del Circo. Un primo rassicurante segnale di normalità.
Nel maggio del 2015 qui si plaudiva alla volontà dell’Amministrazione di dare vita a un centro “capace di guardare al futuro e al passato al tempo stesso, ponendosi come sede centrale e privilegiata dell’enogastronomia cittadina recuperando quella piazza che ne era protagonista fin dalla sua inaugurazione, nel 1932”. La cosa che allora come oggi più sembrava centrata era l’idea riportare il mercato al suo ruolo naturale, un ambiente in cui il commercio è veicolo per uno scambio anche culturale. Un centro volutamente ibrido e polifunzionale, al cui interno tanti autori possano contribuire a definirne l’identità.
La buona notizia è che il futuro del Mercato Coperto può ancora essere definito in una direzione che colga quell’inclusione e quell’apertura alla cittadinanza che ogni mercato del mondo, dai più grandi ai più piccoli, porta inesorabilmente con sé. A patto di volerlo, cosa forse non scontata. Nel frattempo si registra con una certa allegria il ritorno al piano superiore del rinnovato Mercato degli operatori storici, dal macelleria alla pescheria e tutti gli altri, dopo anni di confinamento forzato nei container di Piazza del Circo. Un primo rassicurante segnale di normalità.
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