Birra dell’Eremo e la vitalità di tutta una regione In evidenza
Andare a Capodacqua, la piccola frazione in cui si trovano stabilimento e taproom, permette di toccare con mano la varietà di una produzione che non cede mai niente in termini di qualità, capace di sfornare con impressionante costanza novità di assoluta caratura. Era stato così anni fa per il progetto “lieviti non convenzionali”, avanguardistica linea di birre che aveva contribuito ad accendere i riflettori su Eremo, ed è così ancora oggi per l’ultimo, almeno in termini cronologici: si chiama “bootleg” ed è una linea di sour la cui maturazione avviene in botti di rovere.
Allargando lo sguardo è poi impossibile non notare quanto il comparto sia cresciuto, in questi ultimi anni. A birrifici ormai storici e consolidati come appunto Eremo, Perugia, Alto-Tevere si sono affiancate realtà capaci di affermarsi come assolute protagoniste in pochi anni, penso per esempio a La Gramigna e Amerino (e altri ancora si affacciano sulla scena, tra gli altri Osiride, a Foligno).
Ne scrivevamo su PM 138: un progresso reso possibile da una lunga serie di fattori che si intrecciano tra loro, basti pensare allo straordinario contributo dato negli anni al tessuto territoriale dal Cerb, il Centro di Ricerca per l’eccellenza della Birra dell’Università degli Studi di Perugia da cui ogni anno escono professionalità nuove. Non solo birrifici: il gran lavoro di Luppolo Made in Italy, azienda che promuove una filiera del luppolo tutta italiana, e la qualitativamente rilevante malteria di Mastri Birrai Umbri hanno contribuito a disegnare i contorni di una regione dal punto brassicolo più vivace che mai.