Vianiamo facenno come punto di riferimento di arrivo e di partenza In evidenza
La premessa è necessaria ed è questa: a Perugia (e in tutta la regione) non si è mai mangiato così bene, come scrivevo non più di sei mesi fa proprio su queste pagine.
Una nuova generazione di chef ha riscritto la storia contemporanea della gastronomia umbra in un contesto che non inizia e non finisce con le sole tavole ma che (evviva) riguarda gran parte della filiera in un continuo scambio virtuoso. Il mondo del vino regionale, in particolare nella sua accezione più artigianale, vive inoltre da ormai diversi anni un rinascimento riconosciuto ben oltre i soli nostri confini.
Al di fuori delle denominazioni più note è emerso in relativamente poco tempo un mosaico di cantine di straordinario interesse che ha trovato il suo momento di visibilità più importante in una manifestazione organizzata lo scorso autunno nei bellissimi spazi dell’Istituto Tecnico Tecnologico “Allievi-Sangallo” di Terni: Viniamo Facenno è stata l’occasione per riunire sotto lo stesso tetto persone con sensibilità diverse accumunate dallo stesso mestiere, quello del vignaiolo e della vignaiola.
A Perugia, poi, si può dire che esista un momento che ha fatto da spartiacque: l’apertura nel 2021 di Venti Vino, in Borgo XX Giugno, locale che è diventato quasi immediatamente centro di gravità per una lunga serie di energie che ruotano intorno al mondo del vino che prima, semplicemente, non avevano un bancone di riferimento davanti al quale incontrarsi, parla- re, assaggiare. Un caso non unico (penso per esempio al nuovo bar a vin di Edicola 518, Quasi 518) ma neppure il primo di tanti altri, sono ancora molti i locali che in città hanno un’offerta vini piuttosto cristallizzata, come se l’Umbria fosse oggi la stessa regione di vent’anni fa.
Non solo, prima di scrivere questo pezzo ho fatto una veloce ricognizione tra i locali più affollati del centro storico della città. Tra Corso Vannucci e Piazza Matteotti non pochi i bar e i ristoranti che limitano la propria proposta al “prosecchino” di turno, all’immancabile bianco aromatico e al rosso magari toscano. Locali che potrebbero valorizzare quantodi buono il territorio offre e che invece privano la loro clientela, fatta soprattutto di turisti, della possibilità di scoprire non solo tutto questo fermento ma anche, più in generale, il meglio della produzione regionale.
Quanto è cambiato in questi anni, quanto ancora è possibile fare.