Orto Sole, gli orti urbani possono funzionare anche fuori dalle grandi città In evidenza
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Lì sotto non c’era niente, solo un enorme groviglio di sterpaglia e moltissimi rifiuti: “abbiamo iniziato a occuparcene nel 2014, ci abbiamo messo un mese e mezzo solamente per ripulire l’area, un lavoro faticosissimo”.
Le parole sono quelle di Eros Labanca di Orto Sole, l’associazione che nel centro storico di Perugia ha realizzato il primo orto urbano della città. Un lavoro che ha dello straordinario e che salta all’occhio. Basta infatti affacciarsi dalla terrazza di Porta Sole, quella che si trova proprio sopra Via Pinturicchio e che guarda verso nord, per rendersi conto di quanto in appena 2 anni il panorama sottostante sia cambiato radicalmente: dove c’era incuria e abbandono, adesso non c’è solo un’ampia area dedicata all’agricoltura, ma anche uno straordinario luogo di aggregazione.
Sono ormai una decina di anni che l’agricoltura urbana è entrata a far parte del lessico delle città più grandi. Un fenomeno che da NYC ha preso piede prima negli Stati Uniti d’America e poi progressivamente anche in Europa. In fondo l’idea è semplice: recuperare spazi altrimenti inutilizzati per produrre cibo, per rafforzare le comunità all’interno delle quali questi sono inseriti, educare i più giovani, e non solo, al consumo delle materie prime prodotte a chilometro zero.
“La verità è che all’inizio non sapevamo neanche noi cosa sarebbe successo - continua Eros - volevamo, grazie alla disponibilità dei proprietari del terreno, ripulire l’area e renderla disponibile a tutti. Grazie alle tante persone che durante i lavori si sono fermate a dare un’occhiata e a scambiare con noi qualche parola abbiamo scoperto che qui prima c’era anche un piccolo orto, da lì è nata l’idea. Siamo partiti con l’associazione culturale e abbiamo realizzato un crowdfunding che ci ha permesso di raccogliere oltre 4.000 euro, una somma con la quale abbiamo acquistato un po’ di attrezzatura e che abbiamo usato per affidarci ad alcuni professionisti per avviare il progetto.”
Sono ormai una decina di anni che l’agricoltura urbana è entrata a far parte del lessico delle città più grandi. Un fenomeno che da NYC ha preso piede prima negli Stati Uniti d’America e poi progressivamente anche in Europa. In fondo l’idea è semplice: recuperare spazi altrimenti inutilizzati per produrre cibo, per rafforzare le comunità all’interno delle quali questi sono inseriti, educare i più giovani, e non solo, al consumo delle materie prime prodotte a chilometro zero.
“La verità è che all’inizio non sapevamo neanche noi cosa sarebbe successo - continua Eros - volevamo, grazie alla disponibilità dei proprietari del terreno, ripulire l’area e renderla disponibile a tutti. Grazie alle tante persone che durante i lavori si sono fermate a dare un’occhiata e a scambiare con noi qualche parola abbiamo scoperto che qui prima c’era anche un piccolo orto, da lì è nata l’idea. Siamo partiti con l’associazione culturale e abbiamo realizzato un crowdfunding che ci ha permesso di raccogliere oltre 4.000 euro, una somma con la quale abbiamo acquistato un po’ di attrezzatura e che abbiamo usato per affidarci ad alcuni professionisti per avviare il progetto.”
“L’attenzione nei confronti dello spazio è andata crescendo con il tempo, abbiamo anche organizzato alcuni piccoli eventi ma c’è ancora molto da fare. Per esempio abbiamo la necessità di installare una telecamera e da un po’ ne stiamo parlando con il Comune. Siamo contenti, eravamo partiti con l’idea di ridare alla città uno spazio e ci siamo riusciti”.
Bravissimi.
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