Un futuro aperto, magari anche per Perugia In evidenza
Matera è una città di una bellezza così dirompente che mi si illuminano gli occhi solo a scriverne il nome.
Lontana da tutto e da tutti sembra quasi sospesa in un tempo e in uno spazio indefiniti, basta però fare una passeggiata in centro per capire quanto sia in realtà luogo capace come pochi altri in Italia di coniugare passato e contemporaneità. C'è fermento.
E non mi riferisco ai soli Sassi e al loro straordinario recupero, parlo di tutti quei giovani -uomini e donne- che negli ultimi tempi hanno deciso di rimanere o di ritornare in città per costruire proprio lì, lontano da ferrovie e autostrade, il proprio futuro. Nuovi artigiani, commercianti, professionisti che in una decina d'anni hanno letteralmente cambiato il volto di una città.
Ma non è mai stato questo il punto, credo. Il prevedibile trionfo di Matera nella gara per diventare capitale europea della cultura per il 2019 è da ricercarsi in un percorso iniziato molto tempo fa, in una città che da anni crede in un altro futuro possibile. Soprattutto in un progetto, Open Future, capace di guardare oltre un incredibile patrimonio architettonico ed artistico e capace di immaginare Matera come luogo ideale per coniugare un centro urbano sostenibile e una campagna rigenerata. Crescita e decrescita, per usare le parole di uno dei più grandi economisti del nostro tempo, Serge Latouche. Passione, frugalità, ruralità e lentezza assumono in questo contesto un significato straordinariamente contemporaneo, parole chiave che hanno accompagnato la candidatura della città lucana e che sottolineano l'importanza di guardare a quello che abbiamo più vicino. L'apoteosi della "glocalità".
Scrivo di Matera, città che amo, perchè penso che anche da lì possa ripartire il futuro di Perugia. Una città che per storia e per percorso non può non riconoscersi appieno in quei valori. Eppure troppo spesso si sente parlare, in Umbria, di una regione irrimediabilmente lontana da quella contemporaneità che Matera ha saputo interpretare così bene. Un pessimismo che dimentica quanto di più bello abbiamo a pochi passi. Un atteggiamento più distruttivo che costruttivo. Questa rubrica da anni racconta storie e percorsi di artigiani del gusto capaci di eccellere nei rispettivi campi ma che, troppo spesso, vengono drammaticamente ignorati dai propri vicini di casa. È solo un esempio, certo, ma è uno spunto utile per sottolineare che la bellezza è tutto intorno a noi, ma che siamo noi per primi a doverla apprezzare e valorizzare.