Gran Tour Perugia
La via dei Monasteri lungo Corso Garibaldi
Luoghi racchiusi in un tempo indefinito, nascosti al mondo ma vivi e vissuti, sono i tre monasteri di clausura femminile che si trovano nella parte alta di Corso Garibaldi. Parliamo del Monastero di Sant’Agnese, dove vivono le monache Clarisse, il monastero della Beata Colomba che ospita le monache domenicane e il monastero di santa Caterina, delle monache benedettine.
Luoghi straordinari, scanditi da orari e precetti a noi molto lontani ma che possiamo visitare grazie alla grande disponibilità delle famiglie monastiche che li vivono.
Il primo in ordine, partendo dalla porta del Cassero, è il monastero di Sant’Agnese che viene fondato nel 1329 da alcune suore del vicino monastero di Sant’Agnese di Boneggio; l’area corrisponde al lascito del 1305 di un notabile di Perugia, Paolo d’Angelo, il quale nel suo testamento destina il palazzo e la vigna, siti nel rione di porta Sant’Angelo, a diventare “luogo religioso sotto i Frati Minori”. Tra il 1428 e il 1430 il luogo passa alle Terziarie francescane di S. Maria di Valfabbrica, che lo abitano fino al
principio del Novecento quando, il 23 febbraio 1911, vi tornano le Clarisse.
La piccola chiesa del convento conserva tele del XVII secolo di locali, oltre all’affresco del Perugino raffigurante la Madonna delle Grazie tra i Santi Antonio Abate e Antonio Da Padova (1522), plausibilmente commissionato dalle suore Eufrasia e Teodora, raffigurate ai lati della Madonna, raffigurata con un’iconografia che a Perugia si trova più volte, quella della Madonna delle Grazie. Grazie ad una dispensa papale elargita al monastero da Leone XIII, infatti la cappella dove si trova l’affresco e il corridoio per accedervi sono esentati dalla clausura.
Si prosegue pochi passi oltre e all’incrocio con via Sperandio, troviamo il monastero delle domenicane della Beata Colomba che in realtà si trova in questi spazi da tempi molto recenti, dal 1940, anno della fusione con le monache di San Tommaso. La facciata è molto spoglia, il portale è contraddistinto dallo stemma della colomba in cotto. Una pietra murata è adibita a cassa per l’elemosina. Una lapide esterna ricorda che secondo la tradizione ebbe luogo nel 1220 l’incontro tra San Francesco e San Domenico (1220).
All’interno del monastero è stata ricostruita fedelmente la cella della beata Colomba da Rieti, fondatrice dell’ordine, veneratissima mistica domenicana del XV secolo, molto cara ai perugini e vissuta a cavallo tra la fine del Quattrocento e del Cinquecento alla quale si riconoscevano doti di preveggenza. Infatti si scomodò addirittura papa Borgia, Alessandro VI, il padre di Lucrezia che da Roma venne in città per avere un colloquio privato con la terziaria domenicana. Nel monastero, oltre a poter ammirare la deliziosa chiesa seicentesca decorata da Francesco Appiani, è possibile entrare nella ricostruita cappella della beata, in cui si conservano gli oggetti che le appartenevano, reliquie, ex voti e soprattutto gli strumenti di penitenza per le pratiche religiose che si auto infliggeva.
In ultimo, lungo il nostro itinerario incontriamo il monastero di Santa Caterina, dove ancora oggi vive la comunità benedettina, che storicamente si contrapponeva all’altra famiglia benedettina femminile di Perugia, quella che viveva nel raffinato ed elegante monastero di Santa Giuliana nella zona sud della città.
Il monastero è addossato internamente alle mura medievali e un tempo si estendeva per un lungo tratto del borgo, includendo vari edifici che attualmente sono residenze private. Nel XVIII secolo era al massimo del suo splendore, come testimoniano le opere di questo periodo tuttora custodite nella chiesa, quali: la volta affrescata da Mattia Batini del 1718, le tele di Benedetto Bandiera e Mattia Batini (XVIII secolo) e Il ciborio marmoreo a forma di tempietto ionico del XVII secolo.
A seguito delle demanializzazioni post unitarie, una parte del monastero divenne sede della fabbrica di fiammiferi “Saffa” sorta nei primi del Novecento, oggi sede degli uffici della Soprintendenza archivistica e del Nucleo per il patrimonio del Carabinieri.
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