Dancity Winter 2024
Due notti in cui Foligno si è “illuminata” di suoni straordinari
di Paolo Sciamanna
Anche quest'anno la città di Foligno ha ospitato la versione Winter del Dancity. Un festival unico nel panorama italiano, che festeggerà, nel 2026, 20 anni di attività.
L’evento, in grande stile, è stato distribuito in 3 siti.
Due luoghi nuovi per il Dancity, lo "Spazio Zut" e lo "Spazio Astra", oltre al rimpatrio in una delle location storiche, il Serendipity.
Anni fa, quando la manifestazione si svolgeva solo in estate, la parte notturna, dopo la mezzanotte, si svolgeva appunto in questo ambiente, nella zona industriale.
Il festival è iniziato proprio al Serendipity, il 27 dicembre.
L'avvio è avvenuto con una esibizione "anomala" rispetto al panorama delle proposte canoniche di questo festival.
Fabiana Palladino, cantante raffinata, dotata, profonda, intimista.
Nonostante il nome, inequivocabilmente italiano, la Palladino, figlia d'arte, è londinese.
Si propone con una serie di brani che sono un mix di Rhythm and Blues, Soul, Pop, di altissimo livello.
Accompagnata da una band, anche questa piuttosto inaspettata rispetto a ciò che solitamente si vede nelle esibizioni del Dancity. Batterista, chitarrista, tastierista, oltre alla dolcissima e ricca voce di lei.
È stato un inizio molto suadente e da atmosfera, nel senso più classico di questo termine.
Una serie di "canzoni", ben calibrate ed imbevute nei gusti degli anni settanta ed ottanta, pur con una rilettura essenziale e contemporanea.
Il clou della prima serata è stata l'esibizione di Kode9, nome d'arte di Steve Goodman, musicista inglese, DJ, produttore, fondatore di riviste e case discografiche, autore di libri e docente universitario!
La sua performance si è rivelata una vera e propria Concept Opera, ispirata al concetto della escapologia.
Ci è riuscito amalgamando suoni e videoarte attraverso tre grandi schermi alle sue spalle.
Non si è mai adagiato su uno stilema, un genere, un tipo di sonorità.Abbiamo solo riconosciuto spruzzate di Drum'n Bass, che è stata la sua cifra stilistica una ventina di anni fa, ma per il resto è volato ben oltre quei confini oramai, per lui, stretti e anche un po' polverosi.
Terza artista della prima serata, la olandese Upsammy.Il suo act è stato quello che ha cominciato a virare, delicatamente, verso un ritmo via via più magnetico per i piedi e per le gambe.
Lo ha fatto con attenzione sottile e mirata attraverso un "catalogo" di suoni e frammenti che, come sempre, hanno reso unico l'approccio del Dancity al mondo del movimento fisico, alla liberazione del proprio corpo nello spazio.
La filosofia del Dancity sta proprio nel creare sequenze di artisti che possano ricordare le scalette di brani selezionate da un DJ.La volontà è quella di trascinare lentamente l'orecchio. la mente e infine il corpo dell'ascoltatore in un crescendo, prima una fase più soft, più da ascolto, poi inesorabilmente, ma con garbo, verso il movimento più rapido fino a quello più sfrenato.
La nottata è proseguita poi, fino alla mattina, con ritmi sempre più serrati, adatti, come abbiamo detto, alla partecipazione più "fisica".La seconda serata, il 28 dicembre, è inziata nello Spazio Zut, un ex cinema, lungo il corso di Foligno.
Uno spazio che è stato progettato e arricchito perché diventasse un'opportunità per tante forme di arte, partecipazione sociale, iniziative di vario genere.
Qui abbiamo seguito per voi 3 altre perle di questo festival.
Grazie alla caratteristica del posto, le esibizioni sono state tutte accompagnate da coerenti opere di videoarte, proiettate alle spalle dei musicisti.
Per primo l'italiano Giovanni Iacovella, "apparentemente" batterista e percussionista.
Questo è ciò che potremmo pensare, da quello che vediamo entrando, un palco con una batteria posta davanti, proprio attaccata al pubblico.
Ma quello che succede dopo è ciò che rende questo festival qualcosa di unico e inatteso.
Una metamorfosi che si è snodata dalla percussione come prima forma di musica nella storia dell'umanità, all'elettronica più evoluta.
Impossibile rendere a parole il modo in cui, questo imprevedibile artista, è riuscito a creare una incomparabile progressione. Solo chi assiste ad un suo live può capirlo.
Il pubblico era ammirato, preso in contropiede, ipnotizzato, gli applausi in certi momenti arrivavano spontanei e inarrestabili.
Una delle esibizioni da conservare nell'olimpo delle centinaia di artisti che sono passati in questo festival unico.
Seconda proposta della serata: Carmen Villain.
È una artista, in origine americana, che vive ad Oslo.
Ha una carriera del tutto particolare alle spalle, inaspettatamente è un ex top model!
Lei ha plasmato una sequenza lunga ed ammaliante di suoni, campioni, paesaggi ed abissi.
Sembrava modellarli come un artigiano vasaio, anche il movimento delle sue mani ricordava la nascita di un oggetto fisico.
Il punto d'incontro con timbri più consueti lo ha innestato tramite inattesi intarsi scolpiti dalle note del suo clarinetto.
La terza proposta, allo Spazio Zut, è stata quella di Pye Corner Audio.
È il nome del progetto di Martin Jenkins, nato già una quindicina di anni fa.
Un nome molto più "conosciuto" se paragonato ai performer appena citati.
Basti pensare che alcuni suoi brani superano il milione di riproduzioni sulle piattaforme streaming.
A lui è spettato il momento di passaggio, per poi trasbordare tutti, come di consueto, alla parte dance floor.
Le sue composizioni lasciavano molto spazio alla "tradizione" della musica elettronica contemporanea.
Ci ha gratificati con il forte odore analogico che lasciava evaporare dai suoi alambicchi.
È stato il punto di incrocio per poi far scivolare tutti alla parte finale, allo spazio Astra.
Concludiamo dicendo che anche quest'anno il Dancity ha continuato, imperterrito, a darci grandi emozioni.
Una manifestazione tra le più interessanti del panorama nazionale delle "musiche altre", un vero tuffo in ciò che di più futuristico le nostre orecchie possano aspettarsi.
E i nostri sensi aspettano la prossima edizione, sicuri di essere ancora sorpresi e affascinati.
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