LUCA RONCONI, L'UMBRIA PERDE UN AMICO
Domenica 22 Febbraio
La cultura, ormai, tira meno di una giornata di saldi in un centro commerciale. Fagocitati dalla tv e divorati dal futile abbiamo optato, con la lucidità di una colonia di cercopitechi, per l'intrattenimento fast food, quello in cui già la visione di un cinepanettone al cinema richiede uno sforzo di concentrazione superiore alla media. Per non parlare dei libri: campo nel quale le concessioni massime siamo disposti a concederle a libri di cucina (non a caso sempre in vetta alle classifiche di vendita), a cinquanta sfumature di Harmony in salsa sadomaso e all'immancabile Fabio Volo, fermacarte di culto nella casa di ogni intellettuale 2.0 che si rispetti. In questo contesto preapocalittico parlare di teatro è come parlare di tasse a casa di un cittadino greco. Eppure la scomparsa di Luca Ronconi, fra i più grandi registi teatrali dell'ultimo secolo, uomo che ha dedicato l'esistenza alla cultura e all'arte, è una notizia che porta il buio. E che lascia un vuoto ben più profondo dell'indifferenza con cui l'italiano medio si relaziona al palcoscenico. La sua visione del mondo aveva fatto scegliere a Luca Ronconi l'Umbria come dimora d'eccezione. Qua aveva fondato il suo centro teatrale Santa Cristina e qua viveva nel suo casolare di Gubbio ristrutturato dall'amica Gae Aulenti. Anche l'Umbria, insieme a un amico perde un tesoro.
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Caffè scorretto
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