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L'editoriale n.151

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Finiamola di giocare a guelfi e ghibellini

A giugno Perugia cambierà Sindaco. Dopo 10 anni di Romizi (era il 2014 quando l’enfant prodige della politica umbra mise fine, a sorpresa, a 80 anni di monopolio di sinistra) la città volterà pagina. E finirà amministrata per la prima volta nella storia da una donna: sono infatti Margherita Scoccia e Vittoria Ferdinandi le candidate che si contendono Palazzo dei Priori.

Perugia che in Andrea Romizi - nei suoi modi e nel suo stile - si è così a lungo rispecchiata dovrà fare il salto di maturità, dovrà dimostrarsi una città coesa anche senza la rassicurante presenza di un sindaco che ha saputo davvero essere il sindaco di tutti.

Ed è proprio su questo sentirsi comunità che, forse, dovremmo riflettere. Perché al di là delle idee, delle ideologie e delle opinioni personali (io, per esempio, penso che questa amministrazione abbia fatto ottime cose, prima fra tutte interrompere un monopolio quasi secolare perché uno dei primi valore in politica è rappresentato dall’alternanza), ecco, al di là delle nostre convinzioni, dovremmo cercare di sentirci più uniti e solidali, ricordando che il tifo da stadio e gli estremismi ideologici mal si conciliano con la scelta della persona che dovrà amministrare la città.

E invece in questa
campagna elettorale sta emergendo un clima teso, aggressivo, di scontro… che non è un bel viatico per il futuro e in assoluto rappresenta un degrado della politica che è già deleterio a livello nazionale. Il tutto amplificato dai social sempre più sfogatoi di rabbie e frustrazioni, e sempre meno luogo di socializzazione.

Ecco, se c’è una cosa che auspico per questa fine di campagna elettorale e in generale per il futuro è che si abbassino i toni; e che i miei concittadini provino a ricordare che non serve giocare a guelfi e ghibellini, perché, siamo figli della stessa città. E la polarizzazione non fa bene a nessuno.
L'editoriale n.151
   
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Matteo Grandi

A due anni leggeva Proust, parlava perfettamente l'inglese, capiva il francese, citava il latino e sapeva calcolare a mente la radice quadrata di numeri a quattro cifre. Andava al cinema, seppur accompagnato dai genitori, suonava il pianoforte, viaggiava in aereo, scriveva poesie e aveva una fitta corrispondenza epistolare con l'allora presidente della Repubblica Sandro Pertini. A sei anni ha battuto la testa cadendo dagli sci. Del bambino prodigio che fu restano l'amore per il cinema, per la scrittura e per le feste natalizie. I segni del tracollo sono invece palesati da un'inutile laurea in legge, da un handicap sociale che lo porta a chiudersi in casa e annullare appuntamenti di qualsiasi genere ogni volta che gioca il Milan e da una serie di contraddizioni croniche la più evidente delle quali è quella di definirsi "di sinistra" sui temi sociali e "di destra" su quelli economici e finanziari. A trent'anni ha battuto di nuovo la testa e ha fondato Piacere. Gli piacerebbe essere considerato un edonista; ma il fatto che sia stata la sofferenza (nel senso di botta in testa) a generare il Piacere (nel senso di magazine) fa di lui un banalissimo masochista.