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L'editoriale n.122

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Si allungano le ombre sulla TAV. Ma tanto già abbiamo il tunnel del Brennero, vero Toninelli?
Una nube ci seppellirà. O meglio: seppellirà quel che rimane di buon senso e buona fede. È bastato l'incendio di un capannone di un'azienda privata che si occupa di recupero rifiuti a Ponte San Giovanni per scatenare sui social (e non solo) una crociata pre-elettorale contro la Giunta Romizi senza capo né coda. Insomma, se questi sono gli argomenti dell'opposizione, la crisi del PD non solo si spiega ma rischia anche di durare a lungo. Soprattutto su scala locale dove le cose concrete, generalmente, battono e abbattono i sussulti ideologici.

Ma andiamo con ordine. Un incendio divampato presso l'azienda Biondi ha sollevato il 10 marzo scorso una nube tossica e un cielo di polemiche sulla città. Mentre il Comune di Perugia diramava un bollettino annunciando la chiusura delle scuole della zona e la Procura apriva un fascicolo sull'accaduto non escludendo l'origine dolosa del rogo, gli hater di Romizi iniziavano su Facebook un teatrino tanto strumentale quanto ridicolo nella sua pochezza. E così c'era chi andava contro il Comune per aver chiuso le scuole “iniziativa inutile e ridicola, non serve a niente”, chi attaccava il Comune per averne chiuse poche: “che senso ha chiudere soltanto le scuole di Ponte San Giovanni? Andavano chiuse tutte”, chi rinfacciava all'amministrazione l'epiteto di “Perugia Capitale del Verde”, come se un incidente potesse inficiare un'immagine e una visione. Ma soprattutto come se l'incidente dipendesse dal Comune stesso. Eh sì, perché alcuni vivaci aizzatori social e persino alcuni politici d'opposizione hanno cercato di cavalcare la nuvola tentando di far passare il messaggio che il rogo fosse figlio della cattiva gestione dei rifiuti da parte del Comune. Il tutto mentre dalla Procura passava, sempre meno implicitamente, il forte sospetto di essere al cospetto di un incendio doloso.

Ma in fondo sono polemiche figlie dell'era dei social network: in cui è più facile accendere un computer che accendere il cervello, in cui il commento in tempo reale si rivela spesso un boomerang, in cui chi gestisce una pagina Facebook usandola costantemente contro l'amministrazione non capisce e non si rende conto di ottenere l'effetto contrario. Però mi raccomando: quando andrete a votare ricordatevi che nelle urne non si usano i like.
L'editoriale n.122
   
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Matteo Grandi

A due anni leggeva Proust, parlava perfettamente l'inglese, capiva il francese, citava il latino e sapeva calcolare a mente la radice quadrata di numeri a quattro cifre. Andava al cinema, seppur accompagnato dai genitori, suonava il pianoforte, viaggiava in aereo, scriveva poesie e aveva una fitta corrispondenza epistolare con l'allora presidente della Repubblica Sandro Pertini. A sei anni ha battuto la testa cadendo dagli sci. Del bambino prodigio che fu restano l'amore per il cinema, per la scrittura e per le feste natalizie. I segni del tracollo sono invece palesati da un'inutile laurea in legge, da un handicap sociale che lo porta a chiudersi in casa e annullare appuntamenti di qualsiasi genere ogni volta che gioca il Milan e da una serie di contraddizioni croniche la più evidente delle quali è quella di definirsi "di sinistra" sui temi sociali e "di destra" su quelli economici e finanziari. A trent'anni ha battuto di nuovo la testa e ha fondato Piacere. Gli piacerebbe essere considerato un edonista; ma il fatto che sia stata la sofferenza (nel senso di botta in testa) a generare il Piacere (nel senso di magazine) fa di lui un banalissimo masochista.