A Solomeo arriva “Mi chiamo forse, Alì”, il nuovo spettacolo realizzato dal Teatro Stabile e dalla Fondazione Cucinelli
La musica è firmata da Matteo D'Amico, prestigioso protagonista delle più importanti manifestazioni internazionali di musica contemporanea e dai Fratelli Mancuso, noti in tutto il mondo per le loro originali interpretazioni delle musiche della tradizione siciliana e vincitori nel 2014 al Festival del Teatro di Turun per le musiche di scena dell’opera teatrale Verso Medea con la regia di Emma Dante. Accanto alle voci e agli strumenti di Enzo e Lorenzo Mancuso, la giovane concertista Saria Convertino alla fisarmonica e bayan e Alessandra Montani al violoncello.
Negli anni Sessanta del secolo scorso, prendendo spunto da un racconto di Jean-Paul Sartre ambientato nel tempo e nei luoghi della allora recentissima guerra d’Algeria, Pier Paolo Pasolini scrive, alternando prosa e versi liberi, un testo che chiama Profezia.
“Nelle nostre condivise riflessioni – spiegano Sandro Cappelletto, Matteo D’Amico ed Enzo e Lorenzo Mancuso - è emerso il desiderio di avviare con questo testo di Pasolini un dialogo, quasi stessimo scrivendo al suo autore una lettera fatta di parole, canto e musica per, se così possiamo dire, aggiornarlo. Per chiedergli se ha davvero pensato che sia mai esistito, che potrà mai esistere, un Alì dagli Occhi Azzurri.
Ricercando le tracce del mito di Alì si può risalire fino ad Adamo, il primo di noi a mettersi in viaggio, come se altro non ci fosse consentito di fare. Quando immaginava Alì, Pasolini pensava anche a Cristo, che se ne va di casa prendendo la bisaccia e i sandali del padre. E attendeva - con/fondendo nella palpitazione visionaria e davvero profetica della parola e delle immagini, il mito e la storia, l’arcaico e il contemporaneo - i tanti Alì venuti e che verranno a incrociare con le nostre le loro vite, le speranze, le attese, le sconfitte, i lutti. Se il tema portante di questa ‘profezia’ pasoliniana è quello dell’abbraccio verso ‘l’altro da sé’, dell’incontro con il ‘diverso’, la musica non può seguire altra via che quella dell’accostamento di esperienze diverse, sì, ma unite dalla radice comune di un sentimento umano che parla attraverso il ‘melos’, inteso come universale categoria espressiva. Diverse quindi le vie, le storie, ma comune un obbiettivo: sublimare in musica le speranze, gli aneliti, le sofferenze e le gioie di chi crede possibile un futuro di ‘com/passione’. A volte è la musica di Matteo D’Amico che s’infila negli interstizi dei canti di Enzo e Lorenzo Mancuso, valorizzandone le potenzialità armoniche e polifoniche, a volte sono i due cantori che raccolgono uno spunto dalle proposte strumentali, trasportandole nel flusso più intenso della voce. Dice Profezia: «Milioni e milioni di essi sono già pacificamente immigrati… per insegnare come si è fratelli», pacificamente, un avverbio che oggi appare impossibile perfino da pronunciare. Eppure necessario quanto un’utopia, per tentare di ricomporre la scissione tra Oriente e Occidente, il corpo e la ragione, la vita e la storia, «in nome degli uomini semplici che la povertà ha mantenuto puri». Che non hanno altra colpa se non quella di esistere. Una storia, la nostra, che Pasolini giudicava conclusa: «Ma io, con il cuore cosciente / di chi soltanto nella storia ha vita, / potrò mai più con pura passione operare, / se so che la nostra storia è finita?».
Nello spettacolo verranno proiettate sequenze visive che provengono da Accattone (1961) e Il fiore delle mille e una notte (1974).
Per informazioni e prenotazioni:
Botteghino Telefonico Regionale del Teatro Stabile dell’Umbria (tutti i giorni feriali, dalle 16 alle 20, fino al giorno precedente lo spettacolo) - 075 57542222.
Botteghino Teatro Cucinelli (il giorno dello spettacolo dalle ore 16) - 075 6970890
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