I figli regalano creatività In evidenza
Non sono in molti a sapere che Winnie-The-Pooh, l’orsacchiotto (forse) più famoso al mondo è uno dei personaggi (oggi) più redditizi per la Disney, che ne acquisì i diritti dopo la morte del suo autore, lo scrittore britannico A. A. Milne.
Ma soprattutto non sono in molti a conoscere l’origine di questo personaggio che apparve per la prima volta nel romanzo “Winnie Puh” nel 1926. Milne per delinearne i tratti ha attinto proprio dall’universo di suo figlio Christopher. Winnie, infatti, altro non era che l’orsacchiotto di pezza del suo piccolo. Ad essere corretti va detto che in principio l’orsacchiotto di Christopher era chiamato “Edward”. In seguito, Christopher fu portato dal padre a visitare lo zoo di Londra, dove si trovava in quel periodo “Winnipeg”, un cucciolo d’orso donato allo zoo da un ufficiale veterinario canadese. Christopher Robin si entusiasmò a tal punto per quel cucciolo che lo ribattezzò il proprio teddy bear. Il nome “Pooh”, invece, sarebbe il nome di un cigno incontrato da Christopher in un’altra occasione.
In pratica l’orso giallo, tanto amato dai più piccoli, è nato grazie all’ispirazione che un figlio ha regalato a suo padre. Così, semplicemente. Perché, vi posso assicurare, i figli sanno essere dei gran rompiballe ma stimolano la creatività come nessun’altra cosa al mondo. E la storia di Winnie non vi basta (per credere), potete sempre farvi un giro tra le pagine del mio blog.
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C'era una vodka
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