La vita bugiarda della provincia
Quali sono le ispirazioni letterarie ed editoriali dell’Umbria? Nello speciale di questo numero abbiamo rivolto alcune domande a quattro scrittori umbri, per nascita o scelta, che hanno dato vita a storie che, in modo seppur molto diverso, all’Umbria sono legate. Giovanni Dozzini, Nicola Mariuccini, Valentina Parasecolo e Lucrezia Sarnari ci raccontano i loro romanzi e cosa c’è dietro la creazione di una storia. Quali spunti, riferimenti, ossessioni servono a dare vita ad un personaggio e ad una trama. Riflessioni sui sentimenti, sulla storia, sui problemi sociali si intrecciano a quelle che sono le dinamiche di cui la provincia, spunto letterario per antonomasia, è pervasa. Perché lo sguardo di chi scrive non può mai davvero prescindere da ciò che vede fuori dalla propria finestra.
GIOVANNI DOZZINI
Da dove arrivano le idee per le tue storie?
Quanta Umbria c’è nei tuoi libri?
Le idee arrivano dalla vita di tutti i giorni. Dalle persone che incontro, dalle cose che faccio, da quelle che mi capitano. Da quel che vedo fuori dalla fine- stra, magari. E dalle letture, certo. Da tutto, direi: dipende, e ogni romanzo fa storia a sé. Quanto all’Umbria, ce n’è tanta. Anzi, tantissima. Perché è il posto in cui vivo e in cui ho vissuto quasi la totalità della mia esistenza fin qui, e quindi quello che conosco meglio in assoluto. La letteratura si nutre della realtà ed è un modo per interrogarla e cercare di capirne le trame più complesse, quindi per me raccontare storie ambientate da queste parti al momento è inevitabile. Ma non è detto che in futuro sarà sempre così.
Quando scrivi un nuovo libro hai già tutta la storia in mente o la elabori scrivendo?
Pure qui, dipende. Se guardo ai miei lavori passati vedo esempi molto diversi tra loro. Prendiamo La scelta, che è un romanzo ispirato a una storia vera: ho studiato per mesi, e quando ho iniziato a scrivere sapevo benissimo cosa avrei raccontato, e come. Prendiamo E Baboucar guidava la fila: ho iniziato a scrivere partendo da una scena in cui mi ero imbattuto guardando fuori dalla mia finestra, ma non avevo idea di dove sarei andato a parare. Prendiamo Qui dovevo stare: dopo poche pagine già sapevo come sarebbe finita la storia del protagonista, ma non cosa sarebbe successo nel frattempo. Il bello della letteratura è questo, in fondo. La libertà, e l’incertezza.
Qual è il romanzo che avresti voluto scrivere?
Sono tantissimi. O meglio, sono tantissimi i romanzi così belli che mi tolgono la voglia di scriverne di simili. Perché dovrei provare a scrivere qualcosa che somigli a Pastorale americana? O un Cent’anni di solitudine alla Dozzini? Sono già talmente perfetti così che i miei sforzi sarebbero vani, oltre che sciocchi. Più vado avanti più è faticoso capire che bisogno c’è di un nuovo romanzo di Giovanni Dozzini: perché questo romanzo ambisca e esistere deve colmare un vuoto, e al di là delle frasi fatte spesso è difficile pensare che là fuori non siano già stati scritti abbastanza libri per il resto dell’eternità. Eppure ogni tanto succede. Mi dico che forse vale la pena sviluppare una certa idea, ci provo e vedo come va.
NICOLA MARIUCCINI
Da dove arrivano le idee per le tue storie? Quanta Umbria c’è nei tuoi libri?
Normalmente le mie storie non hanno molta attinenza con l'Umbria, ne La prigione di cristallo, che era ambientato ad Atene, uno dei personaggi aveva tuttavia studiato a Perugia nei primi anni della dittatura greca dei colonnelli e ne fa un appassionato racconto. In Avrai vent'anni tutta la vita poi, il protagonista è di origine umbra, sebbene tutta la sua vicenda personale e giudiziaria orbiti su Roma.
Quando scrivi un nuovo libro hai già tutta la storia in mente o la elabori scrivendo?
Dopo aver individuato l'idea di base svolgo un accurato approfondimento, sia di tipo storico letterario, che sulle forme e sui modi di restituire il racconto o di organizzare i dialoghi. A quel punto inizio la stesura, su una base pertanto progettata, sebbene dalla scrittura possa sempre derivare qualche variazione sul tema che a volte sorprende anche me.
Qual è il romanzo che avresti voluto scrivere?
Quer pasticciaccio brutto di via Merulana di C. E. Gadda.
VALENTINA PARASECOLO
Da dove arrivano le idee per le tue storie? Quanta Umbria c’è nei tuoi libri?
Le idee arrivano dai racconti della mia famiglia, dagli archivi dei giornali e dal mio vissuto, sogni compresi. C'è tantissima Umbria. Il mio romanzo d'esordio ("Cronache private", Marsilio) è ambientato in questa regione negli anni Sessanta. Gran parte della storia vive in una città inventata: Ferso. L'ho immaginata pensando a Scheggino, a Todi, a Gubbio, al lago di Piediluco e a quello di Corbara. Ho costruito una parlata dialettale che richiamasse il confine con il Lazio. Sullo stile ho pensato alla scrittura di grandi cronisti di quegli anni che si sono formati sul nostro territorio, primo fra tutti Italo Cicci.
Quando scrivi un nuovo libro hai già tutta la storia in mente o la elabori scrivendo?
Ho una storia in mente che scopro di più man mano che scrivo.
Qual è il romanzo che avresti voluto scrivere?
Vorrei aver scritto le storie di Collodi, o parole d’attacco musicali come “Quel ramo del lago di Como”, o scene di scalpi e frecce come quelle di Meyer. Vorrei scrivere qualcosa che ricordi un film mai girato di Pietro Marcello.
LUCREZIA SARNARI
Da dove arrivano le idee per le tue storie? Quanta Umbria c’è nei tuoi libri?
Solitamente da domande alle quali io non ho ancora trovato una risposta: non mi è mai capitato di avere in mente una storia, sempre e solo un argomento o un personaggio. Un tema che sento vicino e che ho bisogno, o voglia, di indagare attraverso una storia. Quello che cerco di fare è provare a scrivere racconti che io vorrei leggere o che comunque mi incuriosirebbe sapere come vengono sviluppate. Nei miei libri c’è tantissima provincia per due motivi. Il primo è che non sono capace di scrivere di quello che non ho visto o vissuto. Il secondo è che per me non esiste un teatro di narrazione più interessante di quello che la provincia, le sue storie, le sue persone, sa restituire, a patto di sapere guardare e ascoltare nella giusta direzione.
Quando scrivi un nuovo libro hai già tutta la storia in mente o la elabori scrivendo?
Parto da un’idea che cerco di sviluppare attraverso una scaletta più dettagliata possibile e che mi serve da scheletro. Poi succede quasi sempre che si va altrove, con un’azione o un personaggio che non avevi immaginato, ma lo schema iniziale mi è necessario per non perdermi dietro a tutto quello che arriva scrivendo.
Qual è il romanzo che avresti voluto scrivere?
“Parlarne tra amici” di Sally Rooney, ma anche “Niente di Vero” di Veronica Raimo per citarne due che sviluppano tematiche vicine a quelle che a me piace raccontare. Volendo sparare altissimo, allontanandomi invece da quello che è il mio mondo, invece dico “Ti prendo e ti porto via” di Niccolò Ammaniti.
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