Uso dei cookie

Questo sito non fa uso di cookie per la profilazione in prima persona.
Questo sito fa però uso di cookie tecnici. Questo sito utilizza inoltre embed di codice e servizi esterni. Nell'informativa estesa sono disponibili i link alle terze parti ove negare i cookies dei terzi che possono profilare se attivati dall'utente sul sito del terzo.
Procedendo nella navigazione o cliccando su "Accetto" si acconsente all'uso dei cookie.


Policy Accetto

A+ A- T+ T-

“Peter Pan guarda sotto le gonne” per Il Teatro Stabile dell'Umbria

Scritto da 
0
“Peter Pan guarda sotto le gonne” per Il Teatro Stabile dell'Umbria

Oggi alle 21 al Teatro Comunale di Todi

Proprio nei giorni in cui in Italia s’infiamma il dibattito sui diritti degli omosessuali, Livia Ferracchiati mette in scena il primo capitolo di una trilogia sulla transessualità. “Peter Pan guarda sotto le gonne” ha come protagonista una ragazzina di undici anni alle prese con un corpo che sta cambiando, nel quale non si riconosce più. L’identità di genere. Il bisogno di fare chiarezza su un argomento di cui si parla troppo e a sproposito, sempre partendo da pregiudizi e posizioni ideologiche, quasi mai con consapevolezza e umanità. Livia Ferracchiati e la compagnia The Baby Walk si accostano al tema attraverso un sentiero impervio: affrontano la preadolescenza. Un’età complicata, durante la quale fare i conti anche con un’identità sessuale indesiderata può solo inasprire il disagio. Un esito comodo può essere il riflusso verso il passato; si smette di crescere, si cristallizza l’infanzia: è la sindrome di Peter Pan. Ecco spiegato il titolo della pièce. Anche se il vero protagonista è il senso d’inadeguatezza, qualcosa con cui tutti abbiamo fatto i conti dai dieci anni in su. Scenografia essenziale, con pochi elementi simbolici: la rete metallica sul lato destro del palco, metafora della disforia di genere; un pallone e un hula hop, simboli della preadolescenza maschile e femminile di una generazione fa. Il dolore percuote questa fiaba moderna. Alla fine degli anni Novanta, una bambina intelligente, vivace e bella, d’un tratto prende coscienza che va trasformandosi sempre più in qualcosa che non comprende e non gradisce. Il groviglio d’insicurezze adolescenziali si carica d’altro dolore: la difficoltà di riconoscersi in un ruolo che la famiglia, la scuola, gli amici e la società intera hanno prestabilito; la paura del rifiuto; l’amore, non compreso e non corrisposto. A Peter, stretta tra genitori miopi, innamorata disperata d’una ragazzina disinibita di qualche anno più grande, non resta che fuggire. Come in ogni fiaba che si rispetti, ad accogliere chi è in difficoltà c’è una fatina: una dea sui generis che dice parolacce, legge la rivista “Mani di fata”, raccoglie desideri. Il desiderio irrealizzabile di Peter è di rimanere “bambino”. Perché, come il personaggio da cui Ferracchiati ha preso spunto, “Peter Pan nei Giardini di Kensington” di James Matthew Barrie, c’è un Re Salomone (che nel 1990 è la società italiana) che divide le figure volatili dalle umane, causando un gran disagio in chi possiede una natura metà umana e metà volatile: non sapersi collocare e lasciarsi collocare da altri. Una favola dolceamara, raccontata con delicatezza. Un teatro che si fa carico di un’istanza sociale, guardando a una controparte cui non si riconosce quasi mai diritto di replica: i ragazzini. Qui i teenager sono ritratti con realismo e onestà: c’è il loro linguaggio scurrile in scena, la loro crudeltà naif, il loro disagio. I due genitori sono in scena attraverso le voci registrate di Ferdinando Bruni e Mariangela Granelli, adulti limitati e assenti, personaggi quasi da sit-com. Il disegno registico realistico è assecondato da una compagnia tanto giovane quanto talentuosa, che mostra una buona consapevolezza del corpo e della fisicità.

 

“Peter Pan guarda sotto le gonne” per Il Teatro Stabile dell'Umbria