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L'arte di Matteo Peducci In evidenza

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Dall’immaginazione alla materia
Testo: Angela Giorgi - Brano: “Hopeful”- Curtis Harding
Foto: Andrea Adriani

Dalle prime sperimentazioni alla creazione di Affiliati Peducci Savini.
L’intervista allo scultore umbro

Ritornare alla materia, riappropriarsi del proprio tempo. È un artista controcorrente Matteo Peducci: umbro di nascita, studente a Carrara e impegnato in lavori internazionali, ha scelto di ritornare nella sua terra, ad Assisi, dove insieme a Mattia Savini ha dato vita allo studio Affiliati Peducci Savini. Molto più di un luogo, molto più di una collaborazione: quella di Matteo Peducci è una visione creativa ed esistenziale.


 

Come è nata la tua passione per la scultura?

La mia passione per la scultura è solo la riscoperta delle pulsioni ataviche presenti in ogni essere umano. Io ho avuto la fortuna e la sensibilità per “ricercarle” fin da bambino: già a sette anni giocavo con la plastilina e modellavo figure immaginarie e piccoli volti di persone ipotetiche.


Raccontaci la tua formazione: dagli studi alle prime esperienze professionali.

La mia formazione comincia con studi classici; dopo il diploma ho deciso di andare a Carrara per laurearmi in Belle Arti. Fin dai primi anni dell’Accademia, i miei professori hanno individuato in me un talento, che ho sviluppato con il loro appoggio diventando da subito assistente del Professor Piergiorgio Balocchi (cattedra di scultura dell’Accademia di Belle Arti di Carrara). Già negli anni del liceo frequentavo un laboratorio dove mi sono formato a livello tecnico sul marmo, così una volta arrivato a Carrara avevo già delle basi per poter affrontare questo lungo cammino artistico.


Come nasce la collaborazione con Mattia Savini?

Savini è stato un mio assistente che per anni ha contribuito allo sviluppo del progetto Affiliati, nato a Carrara come argomento della mia tesi di laurea. Mi sono accorto da subito che nel mondo dell’arte contemporanea c’era una grande carenza di luoghi dove poter realizzare opere e sperimentare: gli artisti contemporanei generalmente demandano il loro lavoro a tecnici e professionisti. Affiliati è una mia opera che produce altre opere.

Affiliati è un contenitore dove i protagonisti sono giovani ragazzi e professionisti affermati, dove si dà spazio alla libera interpretazione dei nuovi talenti in modo da far emergere le attitudini artistiche di ciascuno. Questo luogo/opera produce altre opere, che saranno gli artisti del futuro.



Spesso scegliete dei luoghi di lavoro non convenzionali. Come li trovate? Perché queste scelte?

Per poter realizzare certe opere in marmo è d’obbligo sfruttare luoghi adatti: grandi spazi situati fuori dai centri abitati. Diciamo che a scegliere non sono io, ma il materiale.

 


«Affiliati è una mia opera che produce altre opere: gli artisti del futuro»

 

Da dove arriva la tua ispirazione?

La mia ispirazione deriva dalla mia instancabile curiosità e dagli interessi che coltivo parallelamente alla scultura e che influenzano il mio lavoro, come ad esempio gli studi scientifici che fin da piccolo porto avanti.


Spesso sei stato impegnato in progetti all’estero. Come nascono queste esperienze?

Sono esperienze “capitano” in base ai meriti artistici. Ho lavorato all’estero principalmente per la realizzazione di opere su commissione, come ad esempio i monumenti per la famiglia reale di Thailandia, per le residenze private a Londra del Sultano del Brunei e per la Carrara Midwest, una multinazionale che ha lavorato alla costruzione di importanti opere nella città di Dubai.




 

Quali differenze trovi tra il lavoro in Italia e il lavoro all’estero?

In Italia non investiamo assolutamente nell’arte contemporanea e infatti le mie opere vengono veicolate all’estero. Purtroppo nel nostro paese non abbiamo la giusta cultura per capire il grande valore di certi investimenti che, oltre ad arricchirci culturalmente, potrebbero portare anche a un importante potenziamento economico. Gli investimenti di privati che vengono fatti in Italia nel settore culturale e artistico sono inferiori al 2% del totale, mentre la Francia arriva al 16% e gli Stati Uniti superano il 50%.


Come mai hai deciso di restare in Umbria, dove sei nato?

Sono tornato in Umbria perché ho individuato in questo territorio quel giusto compromesso tra spazio e qualità di vita che mi permettesse di sviluppare le mie ricerche. Inoltre, avere un laboratorio ad Assisi è anche un ottimo biglietto da visita per la grande visibilità a livello mondiale.



 

«In Italia non investiamo nell’arte contemporanea: non capiamo che, oltre ad arricchirci culturalmente, potrebbe portare anche a un potenziamento economico»

 

Come è cambiato – se è cambiato – il tuo lavoro dopo la pandemia?

In un momento storico in cui le tempistiche di vita sono rivoluzionate, io ho sempre cercato di riappropriarmi del mio tempo attenendomi al ritmo scandito dalla materia marmo. Per questo né la mia modalità di fare arte né la mia vita di tutti i giorni sono molto cambiate dopo la pandemia. L’elemento che oggi ha più valore nel mondo è proprio il “tempo” e nessuno è più padrone del proprio. Io ho tentato una strada differente.