L'Egitto condanna Tom e Jerry In evidenza
Secondo il SIS egiziano il cartone istiga alla violenza. È vero?
Recentemente, durante una conferenza tenuta all'Università del Cairo dal titolo “I media e la cultura della violenza”, l'Ambasciatore Salah Abdel Sadek, capo del Servizio d'Informazione di Stato (SIS) egiziano, ha denunciato con forza gli esempi negativi rappresentati da videogiochi e film, e dal cartone animato americano Tom & Jerry, che avrebbero contribuito a fomentare la crescita della violenza e dell'estremismo nel mondo arabo.
Le imputazioni della coppia gatto/topo più famosa del mondo sarebbero, come ha poi sintetizzato in un elenco il sito Youm7: l'ostentazione dell'uso di alcolici e sigarette, l'avallo del furto, il distorcimento del concetto di giustizia, l'invito ad architettare piani malvagi e soprattutto la giustificazione della violenza.
Fermi tutti però.
Tralasciando ora la prevedibile “polemichetta” sull'incongruenza tra i recenti atti di violenza che portano la firma egiziana (nondimeno nei confronti del nostro Paese, si veda il tragico caso Regeni) e un accanimento apparentemente sproporzionato verso un “innocente” cartone animato, il buon senso deve portarci ad astrarre le nostre considerazioni, ricordando che fior fior di sociologi della comunicazione di massa, primo tra tutti il “pontefice dei mass media” Marshall McLuhan, hanno dedicato la vita a studiare l'influenza che i mass media esercitano sulle nostre vite, e che la caratteristica principale della mente dei bambini è quella di assorbire le informazioni come fosse una spugna. Alla luce di ciò, eliminando la parte in cui Tom e Jerry sarebbero quasi complici dei terroristi, il discorso del capo del SIS egiziano non è così folle. E non si tratta nemmeno del primo ammonimento che gatto e topo ricevono a causa appunto dell'invito al fumo, degli stereotipi razziali, dell'ostentazione della violenza.
Ma teniamo anche presente che il celebre cartone di Hanna e Barbera nasce negli anni '40: in quel periodo i rischi del fumo non erano conosciuti, e usanze ora giustamente condannate come atti di violenza e razzismo al tempo erano presi molto più alla leggera.
In definitiva, oggigiorno il limite di tolleranza è molto diverso: se nel 1940 vedere sullo schermo un topolino che picchiava un gatto con un martello gigante era considerato comico, e a nessuno veniva in mente di interrogarsi se, a livello subconscio, quest'immagine potesse suscitare atteggiamenti violenti in un bambino, è lecito oggi domandarsi se a questo punto non sia giunto il momento di mandare la celebre coppia antagonista in pensione? Di certo è giusto interessarsi di cosa i nostri figli guardano e apprendono, ma è altresì doveroso ricordare che la censura in nessun caso è positiva, in quanto totalmente antidemocratica.
E, infine, sì: caliamoci nella “polemichetta”, ricordando all' Ambasciatore Sadek che non è certamente colpa di un gatto e di un topo se gli atti di violenza e di anti-democrazia nel suo Paese sono talvolta fuori controllo.
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