Irene Fattorini, una pasticcera umbra tra le stelle del firmamento gastronomico
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Piacere Magazine ha incontrato il giovane talento nel team dello chef Locatelli
Quella di Irene non è la classica storia di cucina. La sua passione non è nata quando era piccola, anzi a dirla tutta da bambina i dolci non le piacevano più di tanto. Quando provava a immaginarsi il suo futuro era certa che da grande sarebbe diventata un’ostetrica proprio come sua madre, con tanto di camice e ciabatte ortopediche. Che poi, in fin dei conti, sono gli abiti che Irene indossa praticamente tutti i giorni. Se non fosse che, con la sua divisa bianca, non corre lungo le corsie di un ospedale, ma si muove frenetica tra la cucina e il pass di uno dei ristoranti stellati più famosi al mondo: la Locanda Locatelli di Londra. Dopo alcuni mesi di collaborazione, a soli 25 anni, è stata scelta dal celebre giudice di Masterchef, Giorgio Locatelli, per curare l’apertura del suo nuovo ristorante nell’isola di Cipro. Così ha deciso di rimandare il suo ritorno in Umbria, a Monteleone d’Orvieto, in provincia di Terni, per affrontare questa nuova sfida.
Ma ricominciamo dall’inizio. Irene, quando hai scoperto l’amore per la pasticceria?
Quando meno me lo sarei aspettata. L’anno dopo la maturità non avevo la più pallida idea di cosa fare nella vita. Una sola certezza: i libri non facevano per me. Nell’attesa di scoprire cosa volessi veramente mi sono presa un anno sabatico per schiarirmi le idee. Con tutto quel tempo libero a disposizione, ispirata da una ricetta vista in televisione, ho deciso di provare a realizzare una torta fatta in casa. Una sbrisolona farcita con ricotta e gocce di cioccolato. Quando parenti e amici l’hanno assaggiata non potevano credere che l’avessi preparata da sola. È piaciuta così tanto che mia sorella mi ha chiesto di realizzarne una identica per la sua festa di laurea.
Quando hai scoperto il tuo talento?
In quei giorni mi sono resa conto che cucinare dolci non solo mi rilassava ma mi piaceva da morire. Così ho deciso di iscrivermi prima all’Università dei Sapori di Perugia, dove ho imparato i rudimenti della pasticceria, e poi all’Alma, la Scuola internazionale di cucina italiana, a Colorno, in provincia di Parma. Quella è stata la prima volta che mi sono allontanata da casa e mai avrei immaginato che sarebbe stato solo l’inizio di una lunga serie di viaggi. Dalle pasticcerie di Milano, fino ai lussuosi alberghi di Venezia e Cortina. Tra un lavoro e l’altro però ho sempre trovato il tempo per tornare a casa dove assaporare la pace e il silenzio che solo la campagna del mio paese sa regalare.
Giovane e intraprendente, da anni in giro per il mondo tra grandi hotel e ristoranti prestigiosi, sogna un giorno di tornare a preparare torte per la gente del suo paese
Dai casali umbri ai grattacieli di Londra il passo non è così breve. Come sei arrivata alla Locanda Locatelli?
Per caso. Non riuscendo a trovare lavoro in Italia ho deciso di provare all’estero. Qualche anno prima ero stata in Inghilterra con la mia famiglia, così ho deciso di inviare il mio curriculum in un ristorante della capitale. All’epoca non avevo idea di chi fosse Giorgio Locatelli e sinceramente credevo che non mi avrebbero mai risposto. Invece mi hanno subito contattata invitandomi a Londra per un colloquio. Senza pensarci due volte ho preso il primo aereo e dopo appena ventiquattr’ore ho firmato il mio primo contratto a tempo indeterminato. Una cosa che in Italia sarebbe stata impossibile, tant’è che all’inizio non mi sembrava vero, ho pensato seriamente di aver capito male.
E invece ancora oggi fai parte di un team di professionisti di fama internazionale. Quali sono i requisiti per lavorare in un ristorante stellato?
Precisione e cura dei dettagli. Gli standard sono elevatissimi, non c’è margine di errore. Chef Locatelli mi ha colpito per la sua umanità, è una persona che ama il suo lavoro e sa trasmettere tanta passione. Non l’ho mai visto alzare la voce o rompere un piatto anche quando sbagliavamo una preparazione. Se c’è una cosa che ho imparato è che il cuoco ha una fortuna che il pasticcere non ha, quella di poter correggere una preparazione in corso d’opera, ad esempio aggiungendo sale se è poco saporita. Nell’arte dolciaria invece non c’è margine di errore. Quando un pandispagna è troppo dolce bisogna rifarlo. Ecco perché i pasticceri hanno sempre la bilancia sotto braccio, ogni grammo fa la differenza.
A proposito di oggetti indispensabili, dopo tutti questi viaggi, cos’è che non manca mai nella tua valigia?
Potrei dire il kit di coltelli o l’ultimo libro di ricette che sto studiando, ma la verità è che ovunque io vada porto sempre una saponetta di Marsiglia. Un rimedio infallibile per smacchiare divise, maglie e grembiuli che ho imparato da mia mamma.
Parli spesso dei tuoi familiari, sei molto legata a loro?
La mia famiglia è tutto per me. Quando sono in viaggio mi mancano terribilmente. Appena posso torno a casa. Anche se amo il mio lavoro e non potrei fare a meno di viaggiare, vorrei tanto trascorrere con loro le festività e i compleanni. Devo molto ai miei genitori che mi hanno sempre supportata, anche nei momenti più difficili. Se non ho mai mollato è perché non volevo deluderli.
C’è mai stato un momento in cui hai pensato di non farcela?
Più di uno, ce ne sono stati tantissimi. Spesso passa il messaggio che la vita di uno chef sia divertente e poco impegnativa, ma non è affatto così. Il mio percorso è stato ricco di soddisfazioni ma anche di sacrifici. Quando vivevo a Londra non potevo permettermi un affitto vicino al ristorante, così all’inizio ero costretta a viaggiare tre ore ogni giorno per raggiungerlo e quando ho trovato una sistemazione più vicina sono dovuta scendere a compromessi. Dormivo in un piccolo letto ad una piazza e mezzo con un’altra persona. La stanza era vicina all’ospedale di zona e solo a ripensarci sento ancora il rumore assordante delle ambulanze nelle orecchie.
Per questo hai deciso di tornare in Italia?
Anche, ma non rimpiango nulla di quell’esperienza perché mi ha fatto crescere molto. Sono stati mesi fondamentali in cui ho imparato a cavarmela da sola e ho capito cosa volevo davvero dalla vita. Il piccolo paesino dell’Umbria dove sono nata e cresciuta mi è sempre andato un po’ stretto. Ma dopo aver vissuto a Milano, Venezia, Londra e adesso Cipro ho imparato davvero ad apprezzarne la bellezza: i profumi di casa, le risate con gli amici, le cose semplici.
Il lavoro dei tuoi sogni?
Rinuncerei volentieri a un posto in un ristorante stellato all’estero per poter aprire una piccola pasticceria vicino casa. Voglio continuare a viaggiare – sto già programmando un’avventura da sola in Perù – ma mi piacerebbe tornare a preparare torte in Umbria e magari riuscire a inventare un dolce che racconti qualcosa della mia regione. Non amo fare progetti a lungo termine, per adesso sto affrontando la sfida che chef Locatelli mi ha lanciato qui nell’isola di Cipro. Certo, l’Italia mi manca, ma col tempo ho imparato che non c’è malinconia che un bel dolce al cioccolato non possa curare.
Ma ricominciamo dall’inizio. Irene, quando hai scoperto l’amore per la pasticceria?
Quando meno me lo sarei aspettata. L’anno dopo la maturità non avevo la più pallida idea di cosa fare nella vita. Una sola certezza: i libri non facevano per me. Nell’attesa di scoprire cosa volessi veramente mi sono presa un anno sabatico per schiarirmi le idee. Con tutto quel tempo libero a disposizione, ispirata da una ricetta vista in televisione, ho deciso di provare a realizzare una torta fatta in casa. Una sbrisolona farcita con ricotta e gocce di cioccolato. Quando parenti e amici l’hanno assaggiata non potevano credere che l’avessi preparata da sola. È piaciuta così tanto che mia sorella mi ha chiesto di realizzarne una identica per la sua festa di laurea.
Quando hai scoperto il tuo talento?
In quei giorni mi sono resa conto che cucinare dolci non solo mi rilassava ma mi piaceva da morire. Così ho deciso di iscrivermi prima all’Università dei Sapori di Perugia, dove ho imparato i rudimenti della pasticceria, e poi all’Alma, la Scuola internazionale di cucina italiana, a Colorno, in provincia di Parma. Quella è stata la prima volta che mi sono allontanata da casa e mai avrei immaginato che sarebbe stato solo l’inizio di una lunga serie di viaggi. Dalle pasticcerie di Milano, fino ai lussuosi alberghi di Venezia e Cortina. Tra un lavoro e l’altro però ho sempre trovato il tempo per tornare a casa dove assaporare la pace e il silenzio che solo la campagna del mio paese sa regalare.
Giovane e intraprendente, da anni in giro per il mondo tra grandi hotel e ristoranti prestigiosi, sogna un giorno di tornare a preparare torte per la gente del suo paese
Dai casali umbri ai grattacieli di Londra il passo non è così breve. Come sei arrivata alla Locanda Locatelli?
Per caso. Non riuscendo a trovare lavoro in Italia ho deciso di provare all’estero. Qualche anno prima ero stata in Inghilterra con la mia famiglia, così ho deciso di inviare il mio curriculum in un ristorante della capitale. All’epoca non avevo idea di chi fosse Giorgio Locatelli e sinceramente credevo che non mi avrebbero mai risposto. Invece mi hanno subito contattata invitandomi a Londra per un colloquio. Senza pensarci due volte ho preso il primo aereo e dopo appena ventiquattr’ore ho firmato il mio primo contratto a tempo indeterminato. Una cosa che in Italia sarebbe stata impossibile, tant’è che all’inizio non mi sembrava vero, ho pensato seriamente di aver capito male.
E invece ancora oggi fai parte di un team di professionisti di fama internazionale. Quali sono i requisiti per lavorare in un ristorante stellato?
Precisione e cura dei dettagli. Gli standard sono elevatissimi, non c’è margine di errore. Chef Locatelli mi ha colpito per la sua umanità, è una persona che ama il suo lavoro e sa trasmettere tanta passione. Non l’ho mai visto alzare la voce o rompere un piatto anche quando sbagliavamo una preparazione. Se c’è una cosa che ho imparato è che il cuoco ha una fortuna che il pasticcere non ha, quella di poter correggere una preparazione in corso d’opera, ad esempio aggiungendo sale se è poco saporita. Nell’arte dolciaria invece non c’è margine di errore. Quando un pandispagna è troppo dolce bisogna rifarlo. Ecco perché i pasticceri hanno sempre la bilancia sotto braccio, ogni grammo fa la differenza.
A proposito di oggetti indispensabili, dopo tutti questi viaggi, cos’è che non manca mai nella tua valigia?
Potrei dire il kit di coltelli o l’ultimo libro di ricette che sto studiando, ma la verità è che ovunque io vada porto sempre una saponetta di Marsiglia. Un rimedio infallibile per smacchiare divise, maglie e grembiuli che ho imparato da mia mamma.
Parli spesso dei tuoi familiari, sei molto legata a loro?
La mia famiglia è tutto per me. Quando sono in viaggio mi mancano terribilmente. Appena posso torno a casa. Anche se amo il mio lavoro e non potrei fare a meno di viaggiare, vorrei tanto trascorrere con loro le festività e i compleanni. Devo molto ai miei genitori che mi hanno sempre supportata, anche nei momenti più difficili. Se non ho mai mollato è perché non volevo deluderli.
C’è mai stato un momento in cui hai pensato di non farcela?
Più di uno, ce ne sono stati tantissimi. Spesso passa il messaggio che la vita di uno chef sia divertente e poco impegnativa, ma non è affatto così. Il mio percorso è stato ricco di soddisfazioni ma anche di sacrifici. Quando vivevo a Londra non potevo permettermi un affitto vicino al ristorante, così all’inizio ero costretta a viaggiare tre ore ogni giorno per raggiungerlo e quando ho trovato una sistemazione più vicina sono dovuta scendere a compromessi. Dormivo in un piccolo letto ad una piazza e mezzo con un’altra persona. La stanza era vicina all’ospedale di zona e solo a ripensarci sento ancora il rumore assordante delle ambulanze nelle orecchie.
Per questo hai deciso di tornare in Italia?
Anche, ma non rimpiango nulla di quell’esperienza perché mi ha fatto crescere molto. Sono stati mesi fondamentali in cui ho imparato a cavarmela da sola e ho capito cosa volevo davvero dalla vita. Il piccolo paesino dell’Umbria dove sono nata e cresciuta mi è sempre andato un po’ stretto. Ma dopo aver vissuto a Milano, Venezia, Londra e adesso Cipro ho imparato davvero ad apprezzarne la bellezza: i profumi di casa, le risate con gli amici, le cose semplici.
Il lavoro dei tuoi sogni?
Rinuncerei volentieri a un posto in un ristorante stellato all’estero per poter aprire una piccola pasticceria vicino casa. Voglio continuare a viaggiare – sto già programmando un’avventura da sola in Perù – ma mi piacerebbe tornare a preparare torte in Umbria e magari riuscire a inventare un dolce che racconti qualcosa della mia regione. Non amo fare progetti a lungo termine, per adesso sto affrontando la sfida che chef Locatelli mi ha lanciato qui nell’isola di Cipro. Certo, l’Italia mi manca, ma col tempo ho imparato che non c’è malinconia che un bel dolce al cioccolato non possa curare.
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