Arianna non ha perso il filo
Ecco l'intervista di Matteo Grandi alla fondatrice del Festival Internazionale del Giornalismo al via oggi con la 10^ edizione
A tu per tu con la fondatrice del Festival Internazionale del Giornalismo
Qualcuno ancora la ricorda come la ragazza con la “valigia blu”, che è il nome del suo blog ma anche l’oggetto che, metaforicamente, segna l’inizio del percorso di Arianna Ciccone, napoletana trapiantata in Umbria, nel mondo dell’attivismo e della controinformazione. Un percorso che si intreccia con la genesi del Festival Internazionale del Giornalismo. Ma andiamo con ordine. Dopo aver studiato alla scuola di giornalismo di Urbino, Arianna vince un concorso e si trasferisce a Milano. Napoli-Urbino-Milano. Vi starete chiedendo come si collochi Perugia in questo triangolo.
È la prima domanda che le facciamo: Arianna, come sei finita a Perugia?
All’inizio avevo solo una certezza: non volevo più tornare a Napoli. Ma nel passaggio da Urbino a Milano, prevalse la voglia di puntare sulla qualità della vita. Volevo una città più grande di Urbino, ma meno metropolitana rispetto a Milano. Perugia, da questo punto di vista, mi sembrava il compromesso perfetto. Avevo voglia di viverla bene, magari in campagna. E così fu.
Mai avuto ripensamenti?
Mai. Però ricordo che un collega di Urbino mi mise in guardia, dicendomi che dovevo stare attenta, perché in una città di provincia avrei rischiato di restare per sempre periferica rispetto al mondo del giornalismo.
I fatti dimostrano che si sbagliava. A Perugia, se non ricordo male, metti in piedi un’agenzia di comunicazione: Il Filo di Arianna.
Esatto. Filo di Arianna che, per la cronaca, esiste ancora ed è la società con la quale organizziamo il Festival. Al tempo ci occupavamo di comunicazione ed eventi. Partimmo grazie a una legge sull’imprenditoria femminile e fra i primi progetti iniziammo a produrre la “Guidagenda”: uno strumento a portata di studente rivolta sia all’Università degli Studi, che alla Stranieri. In pratica era una sorta di Lonley Planet sull’Università. Recensivamo tutti i luoghi frequentati dagli studenti: pizzerie, copisterie, pub, librerie universitarie... Le due Università e l’Adisu rimasero colpite dal nostro lavoro e decisero di acquistarla: fu un doppio colpo. Noi piazzammo un bel prodotto e gli studenti poterono avere le guide gratis. L’altra idea che poi ci portò a collaborare con la Regione per Umbria Libri fu quella degli eventi nelle librerie che avevamo iniziato a organizzare. La Regione ci notò e decise di chiamarci. Nel nostro piccolo un risultato straordinario.
Insieme al partner Christopher Potter, Arianna Ciccone ha plasmato l’evento sul giornalismo più prestigioso d’Europa, che giunge quest’anno alla sua decima edizione. Con lei abbiamo ripercorso la sua avventura perugina, fra passato, presente e futuro. Senza dimenticare di porre l’accento sul Festival 2016
Ricordi ancora qualcuno dei collaboratori di allora?
Certo. Ricordo Mauro Casciari (prima di diventare una Iena di Italia 1), Massimo Pistolesi, oggi portavoce del sindaco Romizi, ma anche Alessandro Alviani, ora corrispondente da Berlino per la Stampa...
Valigia Blu, invece, come e quando nasce?
La nascita del blog si incrocia con la nascita del Festival, pur essendo successiva di qualche anno, e parte di fronte a un’edizione del TG1 (allora diretto da Minzolini, ndr) in cui dicono che l’avvocato di Berlusconi, David Mills, era stato riconosciuto innocente. Chris, il mio partner (e co-fondatore del Festival, ndr) evidenziò subito che era stata data un’informazione scorretta. Avevano parlato di assoluzione, mentre in realtà si trattava di prescrizione: una cosa inaccettabile per il servizio pubblico. Così, sfruttando anche i social network, decisi di scrivere una lettera pubblica per avere una rettifica. In 5 giorni la mia petizione online raccolse 200mila firme, tanto che, visto il boom di adesioni, facemmo nascere una pagina per sottoscrivere la lettera. Chiesi di essere ricevuta dalla Rai (che date le circostanze si vide quasi costretta a ricevermi) e mi presentai con tutte le firme in una valigia blu.
La Rai fece la rettifica dopo il vostro incontro?
Assolutamente no. Ma quando tornai a casa capii che tutta questa mobilitazione spontanea non poteva esaurirsi così: la gente ci chiese di non fermarci e così decidemmo di fondare il sito, che, per l’appunto, prese il nome dalla valigia blu. All’inizio era proprio attivismo puro, ma ci siamo resi conto presto che dovevamo virare verso l’informazione. Così siamo diventati una piattaforma di contro-informazione: un giornalismo vigile non solo verso il potere ma anche verso l’informazione stessa.
Come finanziate il blog?
Partendo dal presupposto che tutti coloro che collaborano sono volontari, abbiamo raccolto 15mila euro con il crowdfunding, ispirati da uno slogan che è anche la nostra filosofia: “senza editori, senza pubblicità, per i lettori con i lettori, semplicemente”.
So che è storia nota, ma vuoi ricordarci come è nato il Festival?
Un giorno, parlando con Chris, me ne uscii con la mia idea: “perché non facciamo il Festival Internazionale del Giornalismo”? E Chris mi diede la sua risposta ormai storica: “Bellissimo, ma impossibile da organizzare”. In realtà la scintilla si era già accesa.
Dopodiché?
Decidemmo di parlarne con i soggetti interessati, in primis con l’Ordine dei Giornalisti dell’Umbria. E il presidente Dante Ciliani, alla cui memoria è dedicata l’edizione di quest’anno, fu il primo a credere nel progetto e ad aiutarci con entusiasmo. Insieme a lui iniziammo a fare il giro delle istituzioni. Il resto è venuto piano piano, un’edizione alla volta.
Quanto ha influito sul successo del Festival il suo taglio internazionale?
A mio avviso è stato fondamentale. Il dinamismo, l’informazione senza confini e la dimensione internazionale sono la vera forza di questo evento. Un taglio che nel corso dell’edizione 2016 sarà ancora più accentuato.
Vuoi anticiparci qualcosa?
Posso dirti che gli speech principali sono stati affidati a dei relatori inaspettati. Inoltre siamo riusciti a portare i fondatori di Raqqa, l’account di blogger e giornalisti siriani che ha coperto l’informazione su Raqqa quando c’era l’occupazione dell’Isis. La loro è una storia incredibile; a un certo punto si sono trovati stritolati fra l’Isis e Assad e 4 di loro sono stati fatti fuori, mentre due di loro, i fondatori, sono riusciti a salvarsi. Poi avremo Peter Greste, il giornalista di Al Jazeera Australia che è stato incarcerato in Egitto per terrorismo e tenuto in prigione per un anno. Una vicenda che ha fatto scalpore a livello mondiale e che ha segnato il lancio dello slogan “Journalism is not a crime”. Inoltre è previsto lo speech di Mark Little, capo di Twitter Europa, che sarà al Festival non solo per celebrare i 10 anni di Twitter ma, soprattutto, perché quest’anno Twitter sarà sponsor del Festival. Insieme a Google e Amazon. Ci tengo a sottolinearlo perché credo che la tipologia e il livello degli sponsor dicano molto anche dell’evento.
“L’edizione di quest’anno è dedicata a Dante Ciliani, che fu il primo a credere nel Festival. Fra gli ospiti: Peter Greste e i fondatori del blog Raqqa. Il Festival non andrà mai via da Perugia: o si fa qua o non si farà affatto. Colgo l’occasione per ringraziare Marco Caprai che fu fra i primi a prodigarsi per ricomporre lo strappo con le istituzioni”
Con il Comune di Perugia e la Regione è pace fatta per sempre?
Pace fatta ormai dal 2014; noi non abbiamo nessuna intenzione di andare via. Questo Festival o si fa Perugia o non si fa. Non lo mercanteggeremo mai. E non ci sono terze alternative.
Grazie a chi si ricompose la frattura?
In molti si prodigarono, ma se devo fare un nome faccio in primis quello di Marco Caprai che si è speso moltissimo per non far chiudere il Festival. E ci fu anche molta sensibilità da parte della presidente Marini, tanto che ora in Regione c’è una squadra davvero all’altezza al nostro fianco. E per noi questo è molto importante.
Tutto il programma lo trovate all'indirizzo http://www.festivaldelgiornalismo.com/
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