Le poesie sui muri che fanno sognare
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Dietro a uno dei fenomeni artistici più belli degli ultimi anni, c’è il Mep: un movimento di appassionati della poesia.
Testo Alessandro Cascianelli
“Ho capito di amarti in un giorno normale, io ero banale, molto scostante. Non mi vedevo tra la gente e ho visto te” - recita così l’inizio di una meravigliosa poesia appesa su un muro in Via della Viola, a Perugia. Passeggiando per le strade più caratteristiche della città ce ne sono decine: da Elce al Frontone, ciascuna diversa dall’altra, ma tutte rigorosamente anonime.
Il responsabile è il Movimento Emancipazione Poesia, un movimento artistico nato a Firenze nel 2010 dall’idea di un gruppo di giovani poeti e con un fine ben preciso: riportare la poesia alle persone, per le strade, nelle piazze, come è scritto nel loro statuto.
Il collettivo, oggi, ha raccolto centinaia di adesioni e conta tanti nuclei disseminati sia in Italia che in Europa: ce n’è uno perfino ad Amsterdam. Chiunque può entrare a fare parte del gruppo, che al suo interno annovera dei veri e propri militanti, l’importante è che conosca il manifesto e che lo accetti completamente. Il punto di partenza è essere disposti a contribuire alla causa senza usare il proprio nome: i riflettori sono puntati sulla poesia, non sul poeta.
Tra i comandamenti del MeP, c’è anche un profondo rispetto per ogni forma d’arte.
Guardando per un attimo al mercato musicale, nell’ultimo periodo di artisti che hanno scelto di anteporre la propria musica alla propria persona, ce ne sono diversi.
I tre esempi italiani più popolari provengono tutti dall’urban: Liberato, Tha Supreme e Myss Keta. Il primo è stato un caso mediatico, divenuto celebre già dopo “9 maggio”, il suo primo videoclip, in due anni di attività è riuscito a celare la sua identità, concentrando l’attenzione del pubblico su dei video musicali che non hanno nulla da invidiare ai cortometraggi d’autore, grazie soprattutto all’occhio del regista Francesco Lettieri.
Tha Supreme, invece, è un ragazzo del 2001, che ha portato una boccata d’aria fresca nella trap italiana, scegliendo di comparire solo in versione cartone animato e tenendo, contrariamente ai colleghi, un basso profilo sui social. A questi, si aggiunge la parabola ascendente di Myss Keta: un’artista che, nei suoi testi, racconta la frenetica vita milanese improntata sul consumismo, giocando con gli stereotipi e rendendo segreta la propria identità, grazie ad una maschera e ad un paio di occhiali da sole. Nel momento storico in cui apparire sembra essere l’unica carta vincente, non farlo è un jolly per pochi.
Nel caso del Mep, infatti, essere un militante richiede delle grandi responsabilità.
Se da una parte è vero che gli autori sono tutelati dall’anonimato - si firmano con una lettera e un numero, identificarli è impossibile - chi attacca le proprie poesie sui muri sa benissimo che l’attacchinaggio pubblico è illegale, in alcuni centri storici costituisce, addirittura, un reato penale. Per i poeti del movimento, però, è l’unico modo per divulgare i propri lavori.
Certo, ci sono sia i social network, che il loro sito internet, ma sono il punto finale del percorso di diffusione della loro arte, quello di partenza rimane la strada, a cui sono fedeli da nove anni.
In una delle pochissime interviste rilasciate da un componente del MeP, è stato ribadito il totale rispetto per i monumenti, per le chiese e per tutti quegli edifici che rientrano nel patrimonio artistico e culturale delle città in cui operano. L’esponente ha spiegato, infatti, il criterio di scelta dei muri su cui attaccare le proprie poesie, ribadendo che cercano quelli più logorati e dimenticati da tutti, così da valorizzarli con il proprio lavoro.
Un’altra curiosità che è emersa dalle confessioni del militante, è il modo con cui i fogli vengono attaccati: non vengono usati né il nastro adesivo né le colle industriali.
La maggior parte dei nuclei produce autonomamente una colla artigianale, utilizzando acqua, farina e soda caustica e mescolando poi la soluzione con l’aiuto del trapano.
Per entrare nel movimento non occorre essere poeti affermati. Chi scrive non ha alcun vincolo: sia lo stile, che i temi sono a propria discrezione. Ciascun componente gestisce la propria attività in maniera autonoma: ognuno ha la propria sezione del sito, contrassegnata dalla sua lettera e dal suo numero di riferimento, in cui pubblica le sue opere in assoluta libertà.
Una volta che queste vengono inserite nell’archivio, diventano patrimonio di tutti. Osservando attentamente i fogli attaccati nelle vie perugine, capita spesso di vedere delle correzioni, delle note o delle parti aggiunte a matita: ciò che conta è che la poesia sia viva e che coinvolga i lettori.
Il fenomeno del MeP, per certi versi, si contrappone a quello degli Instapoets: dei poeti che nascono partendo da Instagram e che lo usano come esclusivo mezzo di comunicazione per la propria attività.
Tra questi il nome più affermato è quello di Rupi Kaur, una donna canadese di origini indiane, che si è fatta conoscere proprio grazie al social network amato dagli appassionati delle fotografie.
Oggi, la sua pagina conta più di 3,5 milioni di seguaci e il suo primo libro, dal titolo “Milk and Honey. Parole d’amore, di dolore, di perdita e di rinascita” ha venduto più di 3 milioni di copie, entrando nella classifica delle composizioni poetiche più vendute di sempre. Contrariamente agli Instapoets, il MeP rifiuta qualsiasi scopo di lucro: le poesie sono libere, a patto che la riproduzione sia fedele, che venga citata la fonte e che chi le usa non ci voglia guadagnare. Insomma, al centro di tutto c’è l’amore per la poesia e l’urgenza di diffonderla, del resto lo statuto dichiara che il movimento non è un fine, ma un mezzo.
Il futuro del collettivo viene chiaramente riassunto nell’ultima parte del manifesto: “Continueremo a guardarci e a guardare la realtà che abbiamo attorno, fino a quando le condizioni che hanno generato il MeP non saranno radicalmente cambiate. Allora un movimento per l’emancipazione della poesia non avrà più senso di esistere”.
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