Sono arrabbiata (e non ho il ciclo) In evidenza
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Gli assorbenti in Italia continuano a essere sottoposti all’aliquota Iva ordinaria al 22%
Nonostante le tante prese di posizione e le proposte in favore di una detassazione su questi prodotti, da considerare senza dubbio come beni di prima necessità, non si è ancora riusciti a inserirli tra quelli ad aliquota ridotta.
Quella che viene definita “tampon tax” è qualcosa di iniquo e odioso soprattutto perché a risentirne in modo particolare è chi ha un reddito più basso; la correzione di questa imposta è un intervento di cui si parla da anni, ma su cui non si è mai riusciti ad andare fino in fondo, a differenza di quanto è accaduto in molti altri Paesi, dentro e fuori l’Europa. Nel frattempo in Italia la petizione “Stop tampon tax, il ciclo non è un lusso!” su change.org ha superato le 650mila firme e alcune aziende della grande distribuzione, enti pubblici e farmacie stanno tagliando a proprie spese la maggiorazione imposta.
Speriamo che tutto il tempo che stiamo impiegando per arrivare a questa piccola conquista e che il dibattito e le iniziative che si stanno concentrando intorno alla questione servano almeno a sdoganare l’argomento mestruazioni.
Intervenire su questo tema è importante non solo a livello economico, ma anche e soprattutto dal punto di vista sociale e culturale: non mi piacciono gli eccessi di alcune campagne di sensibilizzazione che travalicano un sano senso del pudore, ma ritengo indispensabile abbattere il tabù legato al ciclo mestruale, smettere di parlarne per stereotipi e soprattutto abbandonare l’idea che rappresenti qualcosa di negativo e penalizzante, quando invece è l’esatto contrario. Per contrastare il gap di genere c’è bisogno anche di questo.
Le disparità che ancora oggi la donna deve sopportare si eliminano solo attraverso un profondo cambiamento a livello culturale.
Un cambiamento che passa anche dal modo di raccontare e di pensare le mestruazioni: proprio il retaggio di superstizioni e luoghi comuni che questo argomento si porta dietro è un fattore che contribuisce in modo importante al permanere del pregiudizio nei confronti della donna.
Quella che viene definita “tampon tax” è qualcosa di iniquo e odioso soprattutto perché a risentirne in modo particolare è chi ha un reddito più basso; la correzione di questa imposta è un intervento di cui si parla da anni, ma su cui non si è mai riusciti ad andare fino in fondo, a differenza di quanto è accaduto in molti altri Paesi, dentro e fuori l’Europa. Nel frattempo in Italia la petizione “Stop tampon tax, il ciclo non è un lusso!” su change.org ha superato le 650mila firme e alcune aziende della grande distribuzione, enti pubblici e farmacie stanno tagliando a proprie spese la maggiorazione imposta.
Speriamo che tutto il tempo che stiamo impiegando per arrivare a questa piccola conquista e che il dibattito e le iniziative che si stanno concentrando intorno alla questione servano almeno a sdoganare l’argomento mestruazioni.
Intervenire su questo tema è importante non solo a livello economico, ma anche e soprattutto dal punto di vista sociale e culturale: non mi piacciono gli eccessi di alcune campagne di sensibilizzazione che travalicano un sano senso del pudore, ma ritengo indispensabile abbattere il tabù legato al ciclo mestruale, smettere di parlarne per stereotipi e soprattutto abbandonare l’idea che rappresenti qualcosa di negativo e penalizzante, quando invece è l’esatto contrario. Per contrastare il gap di genere c’è bisogno anche di questo.
Le disparità che ancora oggi la donna deve sopportare si eliminano solo attraverso un profondo cambiamento a livello culturale.
Un cambiamento che passa anche dal modo di raccontare e di pensare le mestruazioni: proprio il retaggio di superstizioni e luoghi comuni che questo argomento si porta dietro è un fattore che contribuisce in modo importante al permanere del pregiudizio nei confronti della donna.
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