Erasmus+ Traineeship In evidenza
Tutto ha avuto inizio lo scorso settembre. La discussione della tesi si avvicinava inesorabilmente, e con essa anche i più temibili dubbi sul mio futuro. In linea teorica avrei dovuto iniziare la magistrale, tuttavia – sarà forse colpa dell’Università degli Studi di Perugia – di quello studio matto e disperatissimo fine a se stesso in ogni sua sfaccettatura mi ero proprio stancata. Chi mi conosce sa che studiare è forse la mia più grande passione. Dico forse perché Giovanni Lindo Ferretti è pur sempre imbattibile. Ebbene, quando studiare ti piace davvero, rinunciare allo studio accademico rappresenta una scelta più complicata di quella fra nutella e marmellata di fichi e mele cotogne. Per fortuna, cadeva a fagiolo questo nuovo programma Erasmus, l’Erasmus+ Traineeship. La novità sta nella possibilità sia per studenti sia per neolaureati di volare all’estero in uno dei paesi di questa nostra discutibile Unione Europea per svolgere un tirocinio (miseramente) retribuito dall’università. Qualsiasi tipo di tirocinio? No, ovviamente. Un tirocinio in linea con il proprio piano di studi. Per le facoltà scientifiche, com’è ovvio e giusto, esisteva già un elenco di sedi convenzionate (università, aziende di varia natura, enti pubblici e privati) fra le quali poter scegliere. Niente di più semplice: ti basta selezionare il tuo campo d’interesse, fare domanda, venire accettato, partire. Per gli studenti delle facoltà umanistiche, com’è giusto e ovvio, niente di niente. Puta caso che tu sia una laureata in filosofia interessata a trasformare le tue conoscenze (accademiche) in competenze (lavorative), e che tu sia venuta a conoscenza di questo nuovo programma Erasmus che sembra fare proprio al caso tuo. Ecco: immagina che questa – ovvero la mia – sia la tua situazione, mio caro lettore. Ebbene, preparati a sentirti rispondere dall’università che, per mancanza di convenzioni, potrai senz’altro partire – di questo non c’è da preoccuparsi – ma dopo aver trovato tu stesso un partner all’estero disposto ad accettarti. Il tutto rispettando le scadenze del bando, che di peggio non ce n’è.
Ecco allora che la mia caccia al tesoro – tesoro, poi: mai parola fu più sbagliata – ha avuto inizio subito, fra la stesura della tesi e le serate con gli amici. Ho inviato il mio curriculum a destra e a manca, ho scritto le mie prime cover letter, ho chiesto aiuto ad amici e ad amici di amici. Tutto fumo e niente arrosto. L’Erasmus+ Traineeship, lo scorso settembre, era un programma ancora troppo giovane per godere di una qualche forma di fiducia: nessuna delle persone da me contattate sapeva bene come funzionasse, e senza l’università dalla mia parte stringere accordi è stato praticamente impossibile. Ora che ci penso, avrei dovuto immaginare di non poter stabilire un qualche tipo di collaborazione con un partner all’estero senza beccarmi una fregatura. Così è stato, ovviamente. Ad ogni modo, se avessi scritto questo intervento due mesi fa avrei dichiarato di essere pronta a tornare indietro per non commettere lo stesso errore, scegliendo la magistrale piuttosto che un’esperienza all’estero come questa. Per fortuna il tempo aggiusta tutte le cose. Il tirocinio rimane una vergogna, sfortunatamente. Tutte le persone che ho incontrato qui, tuttavia, sono riuscite a trasformare questa sventura londinese in qualcosa di (quasi) perfetto. Resterò qui ancora due mesi, ma devo proprio ammetterlo: l’idea di tornare a casa non mi alletta per niente.
Bando ai sentimentalismi, per ora. Qui si parlava di un disastroso tirocinio. Che si passi ai ringraziamenti, dunque: è merito del mio delegato Erasmus di dipartimento se ho trovato questo esilarante tirocinio giornalistico presso *************. Testata giornalistica online con portale sia in inglese sia in italiano, ************* offre tirocini giornalistici a studenti provenienti da tutta Europa. Tirocini gratuiti, ovviamente, che tuttavia pagano in termini di formazione, esperienza sul campo e professionalità. Questo quanto millantato. Sfortuna vuole che io non possa citare direttamente il titolo del giornale: sfiderei volentieri chiunque a non rimanere ammaliato dall’offerta di tirocinio che esso propone online. Ci credo che ci sia cascato anche il delegato Erasmus!
Che si invii la richiesta per l’accordo, allora. Mai nessuno fu più contento di me nel ricevere un sì: *************, o meglio il suo direttore, ha subito accettato la mia domanda. Uniche richieste preliminari: un articolo di prova in inglese, un articolo di prova in italiano, infine un colloquio via Skype.
Trovata la sede all’estero, il peggio era ormai passato – ne ero convinta. Chi l’avrebbe mai detto che la parte più stressante sarebbe arrivata solo dopo. Scartoffie da compilare, firme autografe da scansionare, documenti ufficiali da bollare. Prepararsi per un Erasmus è un po’ un’epopea. Gilgamesh avrebbe desistito. Io no: la mia corsa contro il tempo, alla fine, ha dato i suoi frutti. L’ultimo giorno utile per la consegna dei documenti è stato un parapiglia generale. Che poi, era anche il giorno che precedeva la discussione della mia tesi. È facile immaginare il mio stato d’animo. Eppure, che ci crediate o meno, tutto è andato liscio come l’olio.
Questo, almeno, è quello che pensavo.