Expo Milano 2015 In evidenza
E anche questa è andata. Ho vissuto a Milano due settimane, lavorando come una Milanese, ma senza essere pagata.
Tutto è cominciato a Febbraio, quando ho fatto domanda sul sito di CiesseVi per fare la volontaria a EXPO al Padiglione Europa dal 12 al 24 Maggio.
La partenza per Milano è stata decisamente improvvisa: giusto tre giorni prima del 12 Maggio, ho ricevuto la mail di conferma della candidatura. Da quel momento in poi il delirio è stato continuo. Biglietti del treno, valigie che scoppiano, tintura per capelli perché a Milano non posso avere la ricrescita, compra cose perché il comfort prima di tutto, lavoro per la tesi da organizzare, vita da mettere in stand-by per una decina di giorni.
Ovviamente Lunedì 12 Maggio arrivo troppo presto a Milano e passo ore infinite in giro per Corso Magenta, aspettando di poter partecipare al briefing dei volontari a Palazzo delle Stelline -BEST NAME EVER- Pranzo da Panini Durini, pagando la modica cifra di 9 euro per un'acqua e un pezzo di torta con il Parma. Ma va bene. Sono a Milano.
Finalmente arrivano le 14 e il meeting con gli organizzatori inizia. Proprio gli organizzatori si cimentano in una serie di presentazioni in un inglese un po' stentato -alcuni volontari non parlano italiano- e infarcite di retorica sul volontariato. Il volontariato è bello, il volontariato arricchisce, i volontari sono importanti, il team dei volontari è una squadra di calcio, il volontariato è vita. Suggerirei un anche meno agli organizzatori. Sappiamo tutti di essere volontari, sappiamo che non saremo pagati, ma siamo tutti qua, alcuni di noi con un bagaglio di esperienza notevole. Ma ci mettiamo in gioco, senza bisogno di retorica spicciola. Il meeting finisce due ore dopo con caffè e biscotti che mettono tutti d'accordo, per fortuna.
Da questo momento in poi, inizio ad essere Milanese, fuori e dentro. Milano, non è solo una bella città, Milano è la città di cui ho bisogno in questo momento della mia vita. Frenetica al punto giusto, viva al punto giusto, moderna e antica.
Il primo giorno ad EXPO è un dramma. Il padiglione ha aperto da poco ed è tutto pressoché nuovo per tutti. Ci rendiamo subito conto che senza volontari il padiglione rimarrebbe chiuso: in venti anime pie ci occupiamo di praticamente tutto, supervisionati, ovvio, ma spesso regna l'anarchia. Facciamo accoglienza, attiriamo visitatori, gestiamo le sale all'interno e la zona interattiva. Ma, niente spoiler sul padiglione, andate a visitarlo.
I visitatori sono tanti, per lo più Italiani. In molti mi chiedono “dov'è il bagno?” che a quanto pare è la domanda più gettonata ad EXPO. In molti mi parlano in Francese, rifiutandosi categoricamente di parlare qualsiasi altra lingua. Altri si spazientiscono per i cinque minuti di fila e chiedono di uscire. Altri ancora mi chiedono “Dov'è il padiglione del Cile?” per scoprire poi che basta guardare una mappa per saperlo. E poi ci sono quelli che pensano che indossare un badge significhi essere il capo supremo di EXPO e ti inondano di domande: “Dov'è l'evento di Eataly? Dove posso mangiare egiziano? Quanto si spende nei ristoranti? Quanta fila c'è da fare per entrare a Palazzo Italia? Si può fumare in fiera? Dove sono i negozi? I Tabacchi? I cestini per le sigarette? A che ora c'è lo spettacolo dell'Albero della Vita?” E io ovviamente, giorno dopo giorno, imparo a rispondere a tutte le domande.
Due settimane passano così in fretta che non ho nemmeno il tempo di rendermene conto: mattina ad EXPO, sera in giro per Milano con l'amico di sempre, Moreno, che da qualche mese si è trasferito lì. Mi abituo al ritmo di Milano quasi subito, sono sempre stanca, sempre stressata, sempre in piedi e sempre in giro. Imparo anche a parlare milanese e dico sempre “ci vediamo IN Duomo”. E quando arriva il momento di tornare a Perugia, non voglio tornare. Perché Milano è una città che non dorme mai e tiene sveglia anche me, quasi sempre.
Ma alla fine a Perugia ci torno e mi sembra più bella, come ogni volta che parto... e poi ritorno.