Marco Lagrimino, lo chef che ha acceso una stella a Perugia In evidenza
Sono gli ingredienti l’asso nella manica di chef Marco Lagrimino che con la sua cucina ha regalato una stella Michelin al ristorante L’Acciuga. E alla città di Perugia.
Testo: Lucrezia Sarnari
Brano: “Cosmic Love” - Florence And The Machine
Nel capoluogo umbro, infatti, c’erano stati chef stellati, ma mai un locale che fosse stato premiato col prestigioso riconoscimento della guida. Ora tutto cambia e la partita della ristorazione gourmet in città entra (finalmente) nel vivo. Per chi conosce Perugia, ma anche per gli avventori, la zona in cui nasce il ristorante L’Acciuga lascia un momento di spaesamento. Periferia commerciale, la chiamiamo, dove non ti aspetteresti un locale di questo genere. Ma appena si varca la soglia del ristorante, dove si viene accolti da uno stile ricercato ma non oppressivo, in cui il modernariato la fa da padrone, ci si rende conto immediatamente di essere al centro di una fucina creativa, sintesi di cura del cliente e innovazione nei patti.
Ho incontrato Marco Lagrimino, 36 anni e un curriculum internazionale che si racconta mettendo in ogni parola una grande dote, soprattutto in cucina: l’umiltà di chi vuole che siano i piatti a parlare per lui.
Come mai proprio Perugia?
Perché una serie di incontri e di coincidenze è qui che mi hanno portato. Dopo le mie prime esperienze nel viterbese, di cui sono originario, sono stato in Germania e in Inghilterra dove ho lavorato nelle brigate di alcuni ristoranti importanti (Nobu, Berkeley Street e il due stelle Michelin Sketch, ma anche l’Hotel Mandarin Oriental, Dinner by Heston e il The Modern Pantry come souschef al fianco di Anna Hansen) per poi tornare in Italia, prima al Momio di Firenze e successivamente all’Osteria di Volpaia di Radda in Chianti. Dopo che il Covid ha sparigliato le carte, ho capito che era di nuovo arrivato il momento di cambiare e così quando ho saputo che cercavano uno chef per un nuovo progetto gourmet a Perugia non ci ho pensato due volte.
Sei partito da solo?
Con mia moglie, Nadia Moller, che è la responsabile di sala all’Acciuga.
Festeggiamenti in famiglia, dunque, per la stella?
Festeggiamenti di gruppo, con una pizza mangiata insieme la domenica dopo la premiazione e poi di nuovo subito al lavoro. Ci tengo a dire che onestamente penso che il riconoscimento sia più della brigata che mio perché sono i ragazzi che, sia in cucina che in sala, quotidianamente lavorano per mantenere i nostri standard e mettere in ogni piatto la passione e l’impegno necessari.
La sala: quanto conta nella tua idea di ristorazione?
Moltissimo. Il nostro menù è ridotto a un elenco di prodotti, gli ingredienti protagonisti del piatto. Sicuramente questa cosa è espressione della mia cucina, ma anche un modo per rendere centrale il ruolo della sala. In questo modo i ragazzi hanno la possibilità di entrare subito in empatia col cliente che vuole saperne di più: le parole di chi serve in sala sono il primo assaggio della nostra proposta.
Veniamo ai piatti: qual è la tua proposta di cucina?
Una cucina italiana che fonde ingredienti locali con esperienze apprese in giro per il mondo. Tutto è ispirazione nella mia cucina: non solo i sapori e i colori, ma anche gli incontri con un’attenzione massima al territorio e alle stagioni. Il mare c’è, ma nella nostra carta non c’è solo quello.
E i vini?
Offriamo una carta con circa 500 etichette di vini naturali e biodinamici.
Ora cosa si fa?
Intendi dopo la commozione, la gioia e la grande emozione? Si continua a lavorare sodo, per mantenere la qualità che ci ha fatto arrivare fino a qua, senza stravolgere gli schemi: i prezzi sono rimasti pressoché invariati, l’impegno, la cura e la voglia di offrire al cliente un’esperienza da ricordare invece sono cresciuti.
Un desiderio?
Riuscire a fare rete con gli altri ristoratori locali.
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