Stay in or take away In evidenza
Non ero in cerca di lavoro, o almeno non lo ero prima di realizzare quale danno per il portafogli fosse la sterlina.
No, sono partita alla volta di Londra per un Erasmus. Un Erasmus+Traineeship, a dirla burocraticamente in modo impeccabile. Un’esperienza di quelle che “Un tirocinio all’estero, mica pizza e fichi” – commenterebbe chiunque.
Il seguito prova che aveva torto.
Ma procediamo con calma, e ricominciamo daccapo.
Esattamente due mesi fa atterravo a Londra. Con me due persone che ho a cuore, Caterina e Francesco. Partivamo in tre per poi restare in due, per rimanere infine da sola. In pratica, un arrivederci prolungato nel tempo, finalizzato a rendere la lontananza meno difficile.
Noioso ma doveroso inciso: sto via solo sei mesi; sei mesi a Londra. Va be’ che ho una camera a Brixton, ma nulla a che vedere col vivere in un luogo teatro di guerriglia o di catastrofi naturali. Questo per ricordare – e ricordarmi, soprattutto – quanto parole come lontananza ed esperienza negativa necessitino sempre di essere contestualizzate.
Fine dell’inciso.
Si e Ryanair evadam, boves centum immolaturus sum: a viaggiare con persone superstizione si impara ad essere superstiziosi, si sa. E una promessa è una promessa, soprattutto se fatta citando i classici della letteratura latina. Sacrificare cento buoi per essere atterrati sani e salvi. A Stansted c’è un solo modo per farlo: Burger King.
Prima constatazione: il cambio sterlina-euro è una truffa che ha dell’incredibile. Mentre divoro il decisamente poco economico hamburger che ho appena acquistato mi ritorna in mente Down and out in Paris and London – Senza un soldo a Parigi e Londra: George Orwell, da buon picaro, qui narra del suo soggiorno fra stenti e lavori occasionali nelle due capitali europee. Un elenco di sistemazioni economiche per senzatetto conclude il libro. Oggi, a due mesi di distanza dal mio arrivo, capisco per la prima volta il significato di quest’opera.
Rifocillate le membra, partiamo alla volta di Londra-centro.
Seconda constatazione: non appena messo piede in città ho l’impressione di camminare in una realtà completamente diversa. Non dico migliore. Diversa: a misura di businessman, di manager, di globetrotter. Di tutte quelle figure professionali che non esisterebbero al di fuori della lingua inglese. A Londra è tutto così smart, fast, easy – per usare quel vocabolario contaminato da termini anglosassoni che tanto va di moda adesso.
Valigie alla mano, ci diamo in pasto alle vie della città.
Terza constatazione: tutti corrono, a Londra. Corrono nei parchi, corrono in macchina, corrono sulle scale mobili. Corrono sulle scale mobili in salita, come se non bastasse. I londinesi corrono soprattutto quando è ora di mangiare. Non per niente la cartina al tornasole che permette di distinguere un esemplare autoctono da un forestiero – italiano, perlopiù – è la risposta del cliente alla domanda “Stay in or take away?”, formula di rito pronunciata dal personale addetto agli ordini in ogni caffè/fast-food della città. “La magnamo o la ncartamo”, per capirci. Tutti i londinesi la incartano, c’è da starne certi. Siamo solo noi che ben contenti di pagare un sovrapprezzo per sederci ad un tavolino in un locale con free Wi-Fi, sorseggiamo in compagnia un espresso il cui sapore, in fin dei conti, non ci delude nemmeno troppo.
Non l’avrei mai detto, conoscendomi; eppure mi riscopro totalmente estranea alle logiche della competitività e dalla maniacale organizzazione del tempo che esse richiedono.
Ma tant’è. Bisognerà adattarsi, mi sono detta.
Tra fremiti di bestie, camion, gas, clacson
Vociare di mercanti a contrattare, macellai,
Fidanzati per mano, famigliole festanti,
Di sguardi petulanti, botte a chi non ubbidisce, insulti,
Residui di carovane in viaggio, orde dirette ad inseguire il sole
Occidente
Occidente
Alla guerra
Alla gloria
Alla storia