Stampa questa pagina

L'editoriale n.116

Scritto da 
0
|| || ||

Di Maio: “Potremmo essere la prima forza politica d’Italia. Ma il condizionale è d’obbligo”. È il congiuntivo a essere facoltativo

Fino a ieri, a livello cromatico, avevamo pochissime certezze. Ma almeno erano di ferro.

Il principe azzurro, il sangue blu, la Lega verde, l'Umbria rossa. E invece adesso anche queste piccole sicurezze si stanno sgretolando. Sulla tonalità del principe basta fare un sondaggio fra le donne: non solo non credono più al colore ma neanche al titolo nobiliare. Il banco delle favole e delle buone maniere è saltato da un pezzo: oggi una donna se è fortunata si porta a casa un visconte verde acido, ed è già tanto se non è dimezzato. La Lega più che verde ormai è nera, e poco importa che questo ingeneri il paradosso di una massa di neri che odiano i neri: la commedia della politica regala sempre perle antologiche. Il sangue più che blu, con l'aria che tira, ce lo siamo fatti amaro. E in Umbria, udite udite, di rosso c'è rimasta soltanto la Freccia di Trenitalia.

Ma forse, al netto di prìncipi, sangue blu e orchi verdi a bordo del trattore (che hanno lanciato l'OPA sul Paese al grido di “l'Italia agli italiani”), il vero - storico - elemento di rottura è proprio la mutazione cromatica della nostra regione. Vedere sulle mappe di tutti i giornali italiani quella macchia al centro dello stivale colorata di blu, dopo che siamo stati abituati a vederla per anni colorata di rosso fa una certa impressione. Eravamo convinti che, almeno alle nostre latitudini, l'inerzia governasse le leggi della fisica politica. E invece no. Il vento del cambiamento, per motivi più o meno validi, arriva a soffiare sempre su tutto e tutti. Spazzando via certezze e pregiudizi. E così dopo il ribaltone nel capoluogo del 2014, le tendenze si invertono anche a livello regionale. Certo, le elezioni politiche non sono le amministrative, e probabilmente le premesse, così come le cause, non sono le stesse. Ma per il PD umbro il campanello d'allarme è suonato. Anzi è suonata una sirena antincendio.

Considerando che fra due anni si vota per la Regione, la partita al momento sembra più aperta che mai. Anche se la sensazione è che con l'attuale legge elettorale nazionale, incapace di generare maggioranze parlamentari e con partiti incapaci di dialogare, torneremo alle urne molto prima del voto regionale.

 

L'editoriale n.116
   
Pubblicato in Editoriale
Etichettato sotto
Matteo Grandi

A due anni leggeva Proust, parlava perfettamente l'inglese, capiva il francese, citava il latino e sapeva calcolare a mente la radice quadrata di numeri a quattro cifre. Andava al cinema, seppur accompagnato dai genitori, suonava il pianoforte, viaggiava in aereo, scriveva poesie e aveva una fitta corrispondenza epistolare con l'allora presidente della Repubblica Sandro Pertini. A sei anni ha battuto la testa cadendo dagli sci. Del bambino prodigio che fu restano l'amore per il cinema, per la scrittura e per le feste natalizie. I segni del tracollo sono invece palesati da un'inutile laurea in legge, da un handicap sociale che lo porta a chiudersi in casa e annullare appuntamenti di qualsiasi genere ogni volta che gioca il Milan e da una serie di contraddizioni croniche la più evidente delle quali è quella di definirsi "di sinistra" sui temi sociali e "di destra" su quelli economici e finanziari. A trent'anni ha battuto di nuovo la testa e ha fondato Piacere. Gli piacerebbe essere considerato un edonista; ma il fatto che sia stata la sofferenza (nel senso di botta in testa) a generare il Piacere (nel senso di magazine) fa di lui un banalissimo masochista.