Uso dei cookie

Questo sito non fa uso di cookie per la profilazione in prima persona.
Questo sito fa però uso di cookie tecnici. Questo sito utilizza inoltre embed di codice e servizi esterni. Nell'informativa estesa sono disponibili i link alle terze parti ove negare i cookies dei terzi che possono profilare se attivati dall'utente sul sito del terzo.
Procedendo nella navigazione o cliccando su "Accetto" si acconsente all'uso dei cookie.


Policy Accetto

A+ A- T+ T-

Valentina Mercati

Scritto da 
0
|| || ||
Sostenibilità della salute e della cura: così Aboca pensa all’ambiente
PM ha incontrato la vicepresidente della healthcare company italiana che si occupa di cura della salute attraverso prodotti 100% naturali efficaci e sicuri

Testo: Matteo Grandi / Brano: “Nostalgia” - Blanco

PM ha incontrato Valentina Mercati, Vicepresidente e Direttrice Marketing del Gruppo Aboca. Un confronto interessante su temi sempre più attuali anche se ancora poco mainstream: sostenibilità della salute e della cura. In una fase storica in cui si fa, giustamente, un gran parlare di sostenibilità energetica, produttiva, alimentare è opportuno iniziare ad accendere i riflettori e magari le coscienze sulla sostenibilità dei prodotti per la cura della salute. Un principio che sta a cuore ad Aboca, da sempre impegnata nella produzione di prodotti efficaci ma al tempo stesso naturali, sostenibili e biodegradabili. Oggi la scienza è in grado di mettere a disposizione degli individui e dei professionisti della salute dei prodotti che abbinano efficacia e sostenibilità. E Aboca è in grado di raggiungere questi obiettivi con tecnologie all’avanguardia, processi produttivi rispettosi dell’ambiente, materie prime naturali e studi pre-clinici e clinici che confermano l’efficacia e la sicurezza delle sostanze naturali.



Dottoressa Mercati, quali sono le maggiori criticità e a che punto siamo nel rapporto tra uomo e natura?

Stiamo senz’altro facendo dei progressi importanti ma siamo ancora molto lontani dall’equilibrio ideale. Credo che il problema sia nella definizione stessa, in quel “rapporto tra uomo e natura”: come se l’uomo fosse al di fuori della natura. Ma già questa separazione ci porta fuori dalla natura. Forse dobbiamo iniziare a cambiare il paradigma: l’uomo è natura e nella natura è immerso. Se invece ci poniamo al di fuori dalla natura non riusciamo a trovare la giusta dimensione.

 

Quale può essere questa “giusta dimensione”?

È una dimensione da costruire grazie alle nostre capacità, alla nostra intelligenza e alle nostre azioni; a un modo di pensare che abbia rispetto per le altre specie. Possiamo sicuramente influenzare alcuni aspetti a nostro favore ma l’uomo non può commettere l’errore di mettersi al centro dell’universo e piegare la natura alle proprie esigenze.


Come si muove Aboca in questo fragile ma anche prezioso equilibrio che c’è fra la salute della persona e la salute del pianeta?

Ci sono due macro-temi che la nostra azienda porta avanti in questo senso. Uno è pratico ed è legato alla produzione, alla realizzazione di un prodotto ottimale per il rapporto di salute tra singolo e collettività; e poi c’è un aspetto più ampio che è quello socioculturale, legato a iniziative che vanno al di là del prodotto per promuovere un cambiamento collettivo di visione. Per quanto riguarda il core business, la produzione, quando qualcuno utilizza i nostri prodotti noi dobbiamo ottenere un miglioramento dei sintomi ma senza impattare sull’equilibrio della persona. Pensiamo sempre alla salute della persona nel presente e nel futuro in modo da generare meno squilibri possibili; e ci occupiamo anche della salute del domani, perché se immettiamo nell’ambiente sostanze che sono compatibili con la vita - cioè sostanze che rientrano nel ciclo vivente e che sono biodegradabili-, non ci sarà accumulo di queste sostanze nel pianeta.


Che danno possono creare delle sostanze non biodegradabili?

Enorme. Noi sappiamo che questo è il vero tema, in quanto le sostanze non biodegradabili restano nell’ambiente per centinaia di anni e vanno a provocare disastri ambientali, per esempio ci sono sostanze che in accumulo nelle acque cambiano il sesso ai pesci o molecole che comunemente assimiliamo che poi restano nell’ambiente. Il nostro nuovo modus operandi per la scienza della salute non può escludere completamente le sostanze chimiche, perché a volte sono necessarie, ma va anche considerato il loro impatto sull’ambiente; quindi, andrebbero prese in considerazione solo quando ce n’è davvero bisogno. Le nostre produzioni sono all’avanguardia anche in questo settore.





Le persone hanno percezione di questi temi?

Le persone fanno troppo spesso attenzione soltanto al contenitore, inteso come per esempio composizione di plastica e via dicendo, ma nessuno si occupa del contenuto. Una scatolina di shampoo magari ha il contenitore sostenibile ma poi dentro che cosa c’è? Cosa manda nell’acqua? Questo aspetto è veramente importante, nella cosmetica, nell’alimentare, e se non viene affrontato nel modo corretto può diventare un problema perché poi il contenitore va nell’ambiente ma il contenuto viene a contatto con noi, e potremmo essere noi la prima discarica…


In fondo “curare le persone senza curare il pianeta” rischia di essere un vero paradosso…

Papa Francesco dice: “non esiste un uomo sano in un mondo malato”; quindi va bene curarsi e risolvere i sintomi, ma se questo poi ti genera delle conseguenze negative sull’ambiente significa che i nostri figli e i nostri nipoti berranno acqua inquinata. Chi si occupa di salute si deve occupare della salute di oggi ma anche di quella di domani. È una forma di prevenzione per le generazioni future.


Cosa significa per Aboca l’approccio etico nell’impresa?

Per noi l’etica è alla base, è la mente strutturale della nostra attività. Da qualche anno siamo una società benefit, ovvero nello scopo sociale dell’impresa abbiamo non soltanto il profitto ma anche il bene comune. E tutte le società del gruppo sono benefit. Inoltre, siamo certificati B Corp e aderiamo a protocolli internazionali che ci impongono il rispetto di altissimi standard sociali e ambientali. Abbiamo cercato il cambio di paradigma dall’interno. Un approccio etico significa anche intendere l’impresa come un sistema vivente, guardare ad ogni singolo dettaglio così che l’intero sistema impresa stia bene. In un’organizzazione che funziona, le fondamenta o le radici, per fare la metafora dell’albero, sono in basso. E solo se è ben sorretta dal basso un’azienda può dirsi veramente sana.


C’è un segreto nel vostro modo di lavorare?

Più che di segreto, parlerei di metodo. Per noi è importante lavorare in partnership con quelli che sono i nostri primi clienti cioè i farmacisti, e poi ovviamente i medici. Essere coerenti e magari promettere meno di quello che si può mantenere, per far stupire in positivo, non esagerare con i messaggi. Infine, in azienda ci piace creare un clima positivo: per noi la persona vale.E io ho un mio piccolo mantra che è: “non vendiamo per creare valore, ma creiamo valore per vendere”.

Valentina Mercati
   
Pubblicato in Attualità
Matteo Grandi

A due anni leggeva Proust, parlava perfettamente l'inglese, capiva il francese, citava il latino e sapeva calcolare a mente la radice quadrata di numeri a quattro cifre. Andava al cinema, seppur accompagnato dai genitori, suonava il pianoforte, viaggiava in aereo, scriveva poesie e aveva una fitta corrispondenza epistolare con l'allora presidente della Repubblica Sandro Pertini. A sei anni ha battuto la testa cadendo dagli sci. Del bambino prodigio che fu restano l'amore per il cinema, per la scrittura e per le feste natalizie. I segni del tracollo sono invece palesati da un'inutile laurea in legge, da un handicap sociale che lo porta a chiudersi in casa e annullare appuntamenti di qualsiasi genere ogni volta che gioca il Milan e da una serie di contraddizioni croniche la più evidente delle quali è quella di definirsi "di sinistra" sui temi sociali e "di destra" su quelli economici e finanziari. A trent'anni ha battuto di nuovo la testa e ha fondato Piacere. Gli piacerebbe essere considerato un edonista; ma il fatto che sia stata la sofferenza (nel senso di botta in testa) a generare il Piacere (nel senso di magazine) fa di lui un banalissimo masochista.